Una storia che si scrive da sola

Miniregola
"Prenotatevi" mettendo le vostre iniziali in fondo così gli altri capiscono che state lavorando e a breve (qualche giorno) postate il vostro pezzo. Mi raccomando leggete bene cosa si è scritto fino ad ora perché si prosegue "rispettando" il lavoro degli altri. Il bello di questo progetto credo stia anche in questo.

Premessa
Un classico esperimento: una storia scritta a più mani che parte e non si sa dove va a finire.


**{S}**

1. Era ora che iniziasse

Mya era veramente stufa e arcistufa di dar schiaffi a quella vecchia lampada da tavolo che faceva le bizze: alternava il falso giorno alla reale oscurità della sua stanza.
"Il momento è solenne lo vuoi capire!!" ringhiò d'improvviso.
Mya stava scrivendo una lettera importante, di quelle che si scrivono poche volte nella vita. Era una lettera d'addio naturalmente, ma mica d'addio al mondo, niente di così tragico.
Mya era bella; non adesso con il labbro spaccato, gonfio e tumefatto; non adesso con le guance rosse di lacrime versate. Mya era stanca che Joel la picchiasse ubriaco, ma ancor di più era stanca che l'amasse così tanto e che poi la picchiasse ubriaco.
Ripose la lettera sopra lui che giaceva sbronzo sul divano con la televisione ancora accesa. Allora era certa che egli non l'avrebbe più cercata.
Una sacca piena di vestiti, una chitarra vecchia ma accordata, qualche foglio su cui scrivere o disegnare.
"Era ora cazzo!" disse nel freddo di quella notte di Gennaio.
Quando respiri la libertà dopo tanto tempo, quasi ti soffoca, ti entra dentro come l'onda del mare in una buca nella sabbia. Quando il mare va via, la buca è già diversa. Quando il mare ritorna la buca pian piano scompare.
Mya aveva tanti sogni: uno era di sposare Joel; bisogna far attenzione a ciò che si sogna, quando poi sbatti con il muro della realtà, i contorni fiabeschi vanno a farsi benedire.
Mya aveva adesso un unico sogno: andare via, lontano.
Bernadette era la sua cugina preferita. Il primo passo sarebbe stanto andare da lei e risvegliare le passioni sopite e anestetizzate. Soffiare via la polvere da quella mappa incorniciata e riposta in soffitta.
"Si...Bernadette...sto arrivando!" e un piede dietro l'altro uscì dalla sua vita senza mai voltarsi.

**{I}**

Le pulsavano forte le tempie e ad ogni passo si sentiva più stanca e dolorante, mise le mani tremanti nelle tasche del cappotto e si diresse verso la stazione, avrebbe aspettato là il primo treno per Saint-Jean-de-Braye, nella sala d'attesa della sua nuova vita.

Chissà adesso cosa avrebbe pensato di lei Richard.
Richard, che in una notte di 4 anni fa la abbandonò allo stesso modo: fuggendo, senza uno sguardo o una parola d'addio, solo fredde lettere su di un foglio bianco lievemente arricciato dalle lacrime.
Per Richard fu diverso però, lui non veniva maltrattato dalla persona che amava, semmai era lui a essere lo stronzo di turno, perché in quanto "artista bohémien", come amava egli stesso definirsi, poteva permettersi di andare in cerca di avventure facili con altre donne. Questo suo lato Mya non l'aveva mai capito, il solo pensiero le lacerava il cuore e le faceva venire i conati di vomito, ma pur di restare con lui aveva sopportato fin troppe delle sue "fughe artistiche". Mai lei sarebbe riuscita a lasciarlo andar via dalla sua vita, lo amava ardentemente, preferiva amarlo e odiarlo da vicino, questo Richard lo sapeva. Finché una notte d'autunno, anch'egli scrisse fredde parole d'addio su di un foglio di carta umido, arricciato e bianco...e usci dalla sua vita, a passi svelti, col cuore pesante di chi sta abbandonando un grande amore che non è riuscito a custodire con cura.
Mya odiò Richard, pianse tutte le sue lacrime di allora per lui. Lo amò e lo odiò allo stesso tempo, distrusse tutte le sue foto e le sue cose e poi le reincollò, storte, da dietro un fitto velo di lacrime...e infine le buttò via, buttando gran parte di se stessa con esse. Non lo perdonò mai veramente per averle squarciato l'anima, o forse non perdonava se stessa per non aver saputo allontanarsi con le proprie forze da un uomo che non sapeva amarla come lei avrebbe voluto. Ma quando pensava a lui, Mya sapeva che quello che sentiva erano i toni delicati della tenerezza, screziati dai graffi rossi del rancore.
Così, in quella notte d'inverno carica di nubi, mentre camminava sulla strada grigia e male illuminata da pochi lampioni giallastri, diretta verso Bernadette, la persona che la conosceva meglio di chiunque altro al mondo, Mya ripensava a Richard e lentamente lo perdonava. 

**{B}**

"Un respiro... chi é? Dove?..." Tum tu-tum tu-tum "Sembra...vicino, forse se apro gli occhi..." tu-tum tu-tum
"La mia testa...rotola...rotola....questo ritmo mi é familiare...é vicino sempre piú...vicino" tu-tum tu-tum tu-tum
"ahhh! La mia testa...basta...fallo smettere!!" tu-tum tu-tum "respiro, si respiro...aria!!...il mio respiro ecco si,
questo é il mio respiro" tu-tum tu-tum "il ritmo rallenta...respiro...soffio" tu tum
"Ma cos'é questa puzza...la testa, il collo, le braccia, il petto, le gambe, i piedi...dolore...forse se apro gli occhi..." tu-tum tu-tum..."le previsioni del tempo di oggi sono..." "luce...sembra una finestra, si ecco una finestra bianca...qualcuno sta parlando...ahh la testa! il ritmo é scomparso..." tu-tum "no eccolo mi pulsa la testa...respiro...ci vuole dell'aria..."
drinn! drinn! " Dove? dove? basta, smettila smettila smettilaaaa!!!!" tu-tum "respiro...disgusto...ma da dove...questa puzza...ora apro gli occhi, la finestra...mi sembra familiare...annusa...pezzi di pasta e carne una poltiglia marrone...della carta...che puzza sopra la mia pancia...é vomito..." shgrotch sgrotch sgratch!!"mi devo ascigare...che schifo" "i venti saranno moderati e provenienti da est" "devo alzarmi...Mya, dov'é Mya..."
"Myaaaaaa!! Aiutami ti prego Mya dove sei? Ti prometto che non berró piú. Mya!!!" "ora mi alzo...respiro...che puzza devo riaprire gli occhi...ora" "Provate il nuovo detersivo Lavapresto, soddisfatti o rimborsati..." "uno due tre...che dolore alle gambe" "Come sono in alto...bagno...devo andare in bagno..." Shgrotch sgrotch "che schifo...un passo...gamba piede...dolore...il tavolino come mai é cosí veloce..." Sbam!! "...la mia testa...buio" "...e ora dopo i consigli degli acquisti passiamo alla nostra consueta rubrica"

**{A.M.}**


La stazione dei treni buia e deserta appariva a Mya un luogo fuori dal tempo in cui  si andavano a depositare, come neve che cade dolcemente al suolo, i ricordi dimenticati delle persone, le cose senza un nome o un posto dove andare… “qualè la parola per indicare il momento preciso in cui hai dimenticato cosa si prova ad amare qualcuno che in passato hai amato profondamente?” solo l’avvicinarsi improvviso di una donna che chiedeva una sigaretta e qualche spicciolo interruppe il flusso silenzioso dei suoi pensieri. Mya prese dalla tasca il pacchetto di sigarette e ne offrì una alla donna che ritornò a sedersi sopra ad un cartone e a delle coperte lerce vicino al bar chiuso, e ne accese una per sé.
Andò a fare il biglietto ad una macchinetta automatica che come al solito si rifiutava di prendere tutte le banconote al primo tentativo risputando i soldi fuori come a farle una linguaccia per dispetto. Finì di fumare nervosamente la sigaretta mentre insultava la macchinetta per poi supplicarla di prenderle i soldi… fortunatamente sembrava che l’avesse ascoltata e con il biglietto in mano si diresse verso il treno già fermo al binario. Solo una volta seduta si rese conto di quanto ero stanca, ora non aspettava altro che  guardare i suoi brutti ricordi scorrere via lontano fuori dal finestrino del treno in movimento.
Era ormai in viaggio da un’ora ma nonostante la stanchezza non riusciva a prendere sonno, troppi pensieri assopiti da tempo le scorrevano in testa accavallandosi uno sopra l’altro. Osservava la luna fuori dalla finestra e le sembrava dipinta ad acquarello da un bambino che aveva messo troppa acqua nel pennello così che i contorni perdevano forma mescolandosi col cielo nero attorno.
Ricordò come da bambina quando osservava la luna, seduta sul sedile posteriore dell’auto,  immaginava di gareggiare con lei, si chiedeva se sarebbe mai riuscita a superarla…ma la luna correva alla stessa velocità dell’auto come un’ombra che non poteva scucirsi di dosso.
Ed ora gli alberi e i cespugli mossi dal vento e dal suo movimento sembravano sussurrarle un ricordo dimenticato, per un attimo ritornava bambina e aveva la sensazione che stesse per afferrare qualcosa smarrito da tempo. Automaticamente, senza pensarci, tirò fuori la mappa che aveva piegato con cura tra le pagine della sua Moleskine.

**{T}**

Ci sarebbero volute ancora cinque ore di viaggio. Nella mappa erano segnate solo le strade principali, ma nessuna linea ferroviaria. Quindi si trattava comunque solo di una stima approssimativa. Poco male, oramai era lontana da Joel e tanto bastava per sopportare un lungo viaggio.
<<E` libero?>> fece un'acuta voce rotonda da dietro la porta dello scompartimento. Quando Mya, infreddolita e ancora scossa dalla linghissima notte, aveva trovato posto tranquillo si era istintivamente chiusa dentro. Aveva preso possesso dell'intero scompartimento e ora qualcuno glielo stava facendo notare. Lievemente mortificata, si alzo` di scatto con qualche fitta e riusci solo a dire: <<No... cioe` volevo dire Si`, prego>>. Fece scorrere la porta di lato per lasciar entrare una signora sulla sessantina, tutta compita.
<<Grazie, molto gentile>> e richiuse la porta dietro di se` <<c'e` del cattivo odore nel corridoio>>. La signora si tolse il cappello verde scuro su cui spiccava una breve piuma di fagiano. Lo poso` sul sedile che aveva eletto a suo posto secondo le normali regole di convivenza sui treni: era il posto piu` lontano da Mya.  <<Sono cosi` contenta abbia tenuto chiusa la porta, lei e` stata l'unica. E quel odore e` davvero insopportabile>>. Poi venne il turno del cappotto grigio bordato dello stesso verde del cappello. Lo sistemo` sul ripiano, sopra il suo sedile, accuratamente ripiegato, come si conviene e si sedette col cappello sulle ginocchia.
<<Le spiacerebbe aiutarmi con la borsa che ho lasciato qui fuori?>> In realta` le spiaceva, la mano di Joel aveva lasciato segni che sul suo corpo che se ne sarebbero andati solo tra qualche settimana. Ma questo faceva parte di un altra vita. Constato` quindi che tutto il corridoio era stato reso impraticabile forse dalla dimenticanza della porta del cesso aperta: c'era anche una punta di deodorante al pino in tutto quello schifo. Rapidamente si rifugio` di nuovo nel proprio scompartimento dopo aver recuperato la sacca a fiori due passi piu` in la`.
<<Ecco la sua borsa. Vuole che gliela metta su`?>> ed ebbe la netta sensazione che quella signora stesse leggendo tutta la sua storia dal viso. D'un tratto si senti` nuda e si rese conto che probabilmente, dopo un nottata come quella appena trascorsa, di botte e pianti e poco sonno, non era cosi` difficile immaginare cosa le fosse capitato.
<<No, grazie carina. Lasciala pure li`-- indicando il sedile difronte a lei-- tanto siamo solo tu ed io. Non credo che verra` tanta altra gente>> . <<Gia` -- evitando d'incrociare lo sguardo colla signora -- non c'e` molta gente che prende questo treno di notte>>.
Mya torno` al suo posto. Si rannicchio` dando le spalle alla compagna di viaggio. La vide nel riflesso del finestrino. Il viso pallido e la bocca tinta di rosso sialtavano bene sul buio della campagna che scorreva accanto al treno. La signora la stava guardando e Mya creddette di scorgere una lieve pena e compassione ad incurvare le sottili sopracciglia della donna. Ma su solo questione di mezzo minuto, dopo di che` la signora si mise a sfogliare un giornale scandalistico che aveva tirato fuori dalla sacca a fiori.
Mya si abbandono` finalmente al dondolio del treno che correva lontano.

**{S}**

"Le donne si innamorano di quello stronzo e poi sposano il bravo ragazzo!" diceva sempre la vecchia Marie, la fruttivendola che aveva la bottega proprio sotto il tugurio dove viveva Mya nei turbolenti anni dell'università. Marie glielo ripeteva spesso, perché sempre più di frequente Mya si presentava con le guance segnate dalle lacrime dei mille litigi con Richard. 
Il Maestro aveva 6 anni in più della "piccola" Mya. L'aveva presa sotto la sua ala protettrice perché come diceva lui, aveva mille progetti in serbo per lei, e si curava del suo futuro di pittrice.
Mya dipingeva come percossa dai brividi di una malattia tropicale ed i suoi quadri sudavano passione e desiderio di conoscenza: dopo una sessione di pittura era esausta, sporca di colore, ansimante. Dipingere per lei era come scopare, a volte anche meglio.
Richard la tradiva con più donne. 
Richard le aveva già organizzato più di 5 mostre in varie gallerie della città. Era un gran manager, ma un pessimo uomo: a volte non riusciva neanche a baciarlo percependo l'odore e poi il sapore delle altre donne. Aveva due occhi neri come la notte, perché nera era la sua anima, come neri erano i suoi quadri, adesso sterili e privi di ogni forma d'arte.
Mya lo amava ed egli l'amava a suo modo. Vedeva in lei la più promettente delle artiste, e presto si convinse che era quella la ragione del suo amore: amava la sua arte non lei, e ancor di più amava i soldi.
Mya odiava gli stereotipi, ma Richard era un Bohemiene, ed esserlo a Parigi le faceva ancora di più girare le scatole. Anche lo stereotipo di Marie in seguito si sarebbe realizzato.
Quando Richard conobbe Juliette, Mya fu scaricata come una cassetta di frutta guasta. Juliette era bellissima: occhi azzurri e capelli biondi fini fini. Quasi si sentì onorata di essere stata scaricata per lei.
Si guardò allo specchio poco dopo aver letto quella lettera d'addio e ne fu sollevata, non doveva più dipingere a comando "Presto che la mostra è vicina...", 
"L'arte non ha niente a che fare con i soldi vecchio figlio di puttana!" urlava la giovane e ingenua Mya e le sue parole si perdevano nelle risa di quell'uomo che amava, come le gocce di colore che scendevano da un pennello consumato.
Mya frequentava l'École nationale supérieure des beaux-arts; si manteneva agli studi facendo la cameriera in una tavola calda in periferia. Dipingeva a notte fonda, il frusciare del pennello nella penombra le procurava un'estasi mai provata in altro modo. Dopo quel periodo di fama improvvisa tornò nell'anonimato, ma andava bene così. Proprio qualche giorno dopo ripulendo le briciole da un tavolo, una calda voce disse
"E' libero signorina? Posso sedermi?"
Mya alzò lentamente lo sguardo. Joel era sporco di grasso bruciato sulla guancia destra, la tuta lacerata e da buttare. In seguito ripensando a quel primo incontro, realizzò di essersi innamorata di lui fin da quell'istante.