venerdì 13 dicembre 2013

Frammento di futuro n°1

    Sedevano su tre sedie semidistrutte: due in legno e ferro da arredamento scolastico di cui una probabilmente di un asilo considerata l’altezza; la terza invece era la classica sedia da giardino a fasce di plastica di colori vari, anch’essa decadente e decaduta, aveva di certo visto tempi e giardini migliori.
La brace dal barbecue oramai morente ogni tanto crepitava ancora; la bambola “baby mia” trovata in un cassonetto, seviziata e giustiziata, era mezza sciolta oramai ed un bulbo intatto spuntava dalla plastica bruciata ed un puzzo di raffineria si levava dai resti in decomposizione.
Da dentro la casa c’era ancora un vociare che si levava in quella notte di Dicembre: era una notte importante per molti, molto importante per tre, importantissima per uno in particolare.
E loro tre eran la, un po’ come sempre, ma un po’ come non mai: Nicola guardava in terra con i gomiti sulle ginocchia a reggersi il capo, ogni tanto alzava lo sguardo e poi lo riabbassava di nuovo. E pensava a Lucia e ai danni che faceva il suo cazzo. Non l’amava. A volte è veramente difficile trovare una scusa per non amare qualcuno, ma Nicola era bravo in questo. Sandro col corpo tutto indietro, le mani gelate in tasca, fissava il cielo senza poter scorgere una stella, ma tanto sapeva che eran la. Ci son cose che sai che esistono anche se non le vedi, ci son cose che son belle anche dopo averle viste una volta sola e poi mai più. Ci son cose che son belle anche se fissate dentro un ricordo che magari è pure tutto sbagliato, perché si era sbronzi quella volta, perché si era troppo piccoli o solo perché una cosa a volte la si vuole ricordare in una certa maniera a prescindere da tutto e tutti. Sandro già sapeva che quel momento sarebbe stato bello, dopotutto era il più sensibile o meglio “frocio” come avevano emesso da tempo gli altri due e non ci potevi far nulla: la loro era l’ultima vera democrazia della terra.
“Ohi frocio che pensi?” disse Silvio dopo un sorso del 67 esimo bicchiere di vino della serata “non ti metterai mica a piangere eh? Per favore già non scopi normalmente! Quante volte te lo devo dire che l’uomo sensibile scopa solo se alternato a quello stronzo!?” e giù a ridere e giù a tossire.
“toh parla già come un dirigente d’azienda!” disse Nicola senza cambiar posizione, sembrava una sfinge su di un cesso “ti voglio proprio vedere coglione a fare qualche discorso motivazionale sull’emancipazione femminile nella tua azienda e dopo mezzora far colloqui a qualche bella stagista inginocchiata sotto il tavolo! MA SMETTILA VA! In galera crescerai (cit. 3° livello)!!” e mentre abbassava lo sguardo come aspettasse qualcuno da sottoterra, magari dalla Cina.
“Mi sono infrocito ancora di più da quando vi conosco” disse Sandro rimettendosi col corpo in avanti “qualcuno deve pur averci un minimo di sensibilità in mezzo a voi tre ergastolani del cazzo”
“ma nel senso che abbiamo il cazzo a regime di carcere duro? Oppure …” disse Silvio senza neanche finire la frase.
“Vabbè visto che sono il più frocio inizio io” e così dicendo Sandro si alzò e si diresse verso il barbecue. Mise il dito in una parte constatata a temperatura ambiente e si disegnò due strisce nere di carbone sotto gli occhi.
“son frocio indiano d’America ora” disse ridendo
“due minoranza si annullano a vicenda non potete discriminarmi” e si sedette pesantemente.
“se c’era ancora luiii dormivamo con le porte aperte e tu saresti stato un tester di marche di olio di ricino” e mentre Silvio riempiva il 68 esimo bicchiere.
“ma chissà quanto spendevano di riscaldamento a quel tempo?! Stavano sempre con queste minchia di porte aperte” disse Nicola anch’egli rialzandosi.
L’idea era di raccontare una storia ciascuno per concludere la serata e probabilmente uno dei loro ultimi incontri per chissà quanto tempo. Qualcosa che avesse significato. Dopo tutto quello che era successo in quei giorni, il tempo finalmente era rallentato e si era fermato in quell’istante lungo che era adesso. Per farlo rallentare si eran fatti più che male in questi anni, la maggior parte erano ferite invisibili, la maggior parte erano ferite nell’orgoglio che ho sempre immaginato come una striscia durissima di cuoio che però si segna facilmente anche se non si taglia altrettanto agevolmente.

“allora” disse Sandro schiarendosi la voce “mio zio Luigi vendeva enciclopedie porta a porta quando ancora qualcuno comprava le enciclopedie porta a porta o meglio quando ancora qualcuno comprava le enciclopedie per chissà quale motivo credo probabilmente ornamentale … Ed era molto bravo in quello che faceva … molto estroverso di natura … riusciva sempre a concludere qualche contratto e ci riusciva con persone di diverso ceto sociale … mi raccontava sempre che la cosa importante era trovare la chiave di volta che faceva scattare nelle persone la voglia di comprare questa cazzo di enciclopedia … a volte la si metteva sull’ironia … a volte qualche lusinga … il segreto era osservare … quasi come uno Sherlock Holmes osservava i più piccoli dettagli della scena di un crimine … mio zio invece guardava dettagli per trovare qualche appiglio da sfruttare per vendergli … ste cazzo di enciclopedie … beh tagliando corto … le cose andavano di merda in quella filiale di quella società di enciclopedie in quella mia stracazzo di città dimenticata da cristo che ricordiamo esser rimasto bloccato ad Eboli da uno sciopero di Trenitalia … piglia un giorno che ti va a succedere? Il capo di mio zio si fotte tutto il fondo cassa e scompare … la filiale fallisce e lui finisce in mezzo ad una strada con una moglie e una figlia da mantenere … aveva lavorato in giacca cravatta e sorriso forzato per 4 anni macinando chilometri su quella uno bianca mezza arrugginita dalla salsedine perché la usavamo per metterci la barca quando andavamo a pescare e non avevamo manco i soldi per un rimorchio quindi la mettevamo sul porta pacchi sopra e insomma … vabbé l’acqua salata aveva corroso parte della vernice … insomma ora mio zio era di nuovo per strada … disoccupato … beh ci son momenti nella vita che veramente vorresti prendere una scala a pioli … piantarla per terra salire due dieci fanta miliardi di scalini arrivare in cielo guardare dio in faccia metterti il paradenti da pugile e dire <<ti spiezzo in due>> … ma rabbia a prescindere non sapeva veramente cosa fare … andò per un periodo da mio padre a Milano per vedere se trovava lavoro …  ma gli mancava la famiglia e la sua terra … non è che piglia a 45 anni fai le valigie e parti … la vecchia generazione non sono mica come noi che non sappiamo quale cazzo è casa nostra e ce l’abbiamo un po’ dappertutto … fatto sta che una amico di amici gli propose di fare il muratore … dopo anni di giacca e cravatta mio zio che comunque tiene le palle come i satelliti di giove prende e si mette a fare il muratore … appalto dopo appalto … palazzo dopo palazzo lo vedevo sempre più consumato e stanco e depresso … una volta la ditta per cui lavorava vince un appalto a Rimini per costruire delle palazzine … e mio zio Luigi si ritrova a Rimini a centro di Dicembre … tutta innevata … senza ragazze in bikini ne ritmi latino americani del cazzo o disco dance in culo a soreta … e mentre sta li in alto sull’impalcatura … vede tutta sta neve … sente un freddo bastardo … si fa schifo e gli fa schifo tutto … piantando un bullone dietro l’altro con una mazza … sbaglia … e si da un colpo sul pollice della mano sinistra … il colpo è bello forte … un dolore come di un miliardo di volte quando ti si addormenta una gamba o un braccio … si toglie lentamente il guanto e mentre suda e mentre scende la cazzo di neve nella cazzo di Rimini di quel cazzo di Dicembre … e non c’è una in bikini manco a pagarla oro ne un suono latino americano nell’aeree Maracaibo mare forza nove … solo neve e un botto di dolore al pollice della mano sinistra … si toglie il guanto e il dito e tutto sfasciato … l’unghia spaccata gli cade in un attimo … vede il sangue … prende il dito e lo mette dentro la neve che aveva li accanto … ammonticchiata sull’impalcatura … e vede il rosso del sangue colorarla lentamente … un po’ piange … un po’ fa di no con la testa … e pensa a lui alla giacca e alla cravatta e alle enciclopedie che poi era stata la cosa più intellettuale che aveva fatto nella vita … cristo … vendeva conoscenza per dio … e poi si vede li come un coglione accovacciato col pollice sfasciato dentro la deve mentre questa diventa una granita di sangue … dopotutto lui è siciliano e noi si sa siam bravi a fare la granita … insomma fatto sta che sta li … e a quel punto decide … <<vaffanculo>> si vaffanculo … scende dall’impalcatura <<ehi Luigi dove vai?>> va verso la baracca del capo cantiere … e mentre dal dito gli scende il sangue e lascia per terra una scia sulla neve … che io voglio credere sia indelebile … cioè cristo lui passa di la e ci lascia un po’ di se … e chiunque passa da li può dire che Luigi è passato di la e mandava a fare in culo tutto in quel momento … come le cazzo di targhe dei martiri o quelle che mettono nelle case dei poeti o dei filosofi o degli scrittori che pur non avendo un cazzo in comune con mio zio Luigi io comunque li metto sullo stesso piano … insomma va dal capo cantiere e si licenzia … va in quella pensione di merda dove stavano prende la roba … si fascia il dito alla meno peggio … non va manco all’ospedale … vaffanculo Rimini d’inverno …  la sua totale assenza di bikini e di musica dance o latino americana di questa gran minchia … prende l’aereo e se ne torna in Sicilia … si fa i suoi bei mesi di disoccupazione rifiutandosi di lavorare come un negro in nero da muratore … e NON PERCHE’ NON HA LE PALLE PER FARLO … O PER ORGOGLIO … o per qualsiasi altra ragione … ma perché nella vita che poi è una sola per cristonostrosignoreamen … devi fare qualcosa che ti dia qualcosa di più di qualche soldo … perché è più facile portare la pagnotta a casa che esser felici davvero … perché il lavoro nobilita l’uomo se l’uomo fa un lavoro che lo nobilita davvero … se fa qualcosa in cui crede e che porcoddio lo arricchisce un minimo … ci son persone che quando vedono il palazzo costruito son fiere di se stesse e mio zio era felice quando vendeva le cazzo di enciclopedie in giacca e cravatta … insomma ragazzi … insomma … “ pausa lunga non voluta ma comunque che fa molto teatro “insomma … a volte per capire cosa è la felicità … ti devi prendere un colpo di mazza sul pollice”.

giovedì 12 dicembre 2013

Quei durissimi chewing gum

Sandro pensava intensamente con il suo miglior sguardo alla Giucas Casella, fissando la bocca perfettamente tonda del suo interlocutore, a quei durissimi chewing gum che distribuivano delle macchinette nei tabacchi quando lui era piccolo: dolcissimi, ma impossibili da masticare se non dopo ore di “succhia succhia” (Cit. 3° livello)[1]. Come un monaco tibetano si esercita in gite fuori porta extracorporee domenicali, Sandro si estraniava, catapultava via forzatamente il suo molliccio cervello siciliano oltre l’orizzonte innevato, per evitare di prendere chi gli sedeva di fronte a sberle o peggio ancora di fargli dir “cheeeseee” con la faccia nella toilette profumo lavanda del TGV Parigi-Milano, ovviamente il tutto dalla classica inquadratura dal punto di vista dell’interno tazza.
Le toilette dei treni francesi meritano una piccola digressione: esse hanno il 97% dell’atmosfera interna di pura molecola di lavanda e il 3% di ossigeno libero, di conseguenza anche la minima flatulenza può provocare l’asfissia verso una morte certa dell’occupante: infatti una volta Sandro era talmente tanto in carenza di ossigeno che dimenticandosi di chiudere la porta su di un regionale verso Lione in quel super tecnologico cesso ferroviario si era pisciato tutti i pantaloni perché il controllore aveva aperto la porta d’improvviso e “pardonemuà monsieur e mannaggia a chi te murt”; questo ovviamente di fronte a tre francesine sedicenni che transitavano nel mentre dinanzi alla toilette in tipica divisa da collegiale. Pisciarsi dei pantaloni in pubblico è una cosa veramente democratica: rispetto al pantalone urinato le differenze sociali si annullano ed è in quei momenti che lo stile fa la differenza. Sandro era tornato come se niente fosse al proprio posto ancheggiando come il più molleggiato Celentano.
Ma tornando al presente, Sandro e il suo appiccicoso interlocutore avevano in comune due cose: i loro DNA appartenevano alla specie umana ed entrambi erano emigranti in Francia. Stop. Per il resto il signor “Francesco ma tutti al paese mi chiamano ciccio” apparteneva alla classe dei <<coglioni saccenti so tutto io della vita uomo di mondo fidati che se l’Italia va a puttane è per colpa dei negri e degli slavi>>.
“Perché capisci questi qua vengono e rubbano… stupprano… e poi nun si lavano mica!? Dimme na cosa buna che hanno fatto gli slavi?” e continuava a ruota libera mentre Sandro invecchiava come il ritratto di Dorian Gray dall’omonimo romanzo.
“il porno” e così dicendo Sandro alzandosi raccolse la borsa e andò via a cercarsi un altro posto per continuare il viaggio in santa pace.
“ma perché mi capitano sempre sti personaggi cazzo?” pensava tra se e se Sandro “perché non mi possono succedere degli incontri assurdi di maiale indemoniate come a quel bastardo di Silvio!” così dicendo borbottava e rimuginava attraversando vagoni strapieni di persone in palese eccesso di anidride carbonica.
Sandro si riferiva a quella volta che il suo migliore amico Silvio, che avremo presto il dispiacere di conoscere, aveva trovato una tipa fuori di testa su di un intercity Roma-Firenze che l’aveva trascinato in bagno e aveva preteso un campionario completo di cazzi stile manuale delle giovani marmotte maiale edizioni bompiANI (cit. 1° livello). Come se non bastasse la suddetta ragazza di un età non meglio identificata, per rimanere nello stereotipo della maiala come solo Silvio sapeva trovarne, aveva continuato ad assillare il povero Silvio di videochiamate skype che avevano come tema principale la sparizione di vegetali e di frutta fallica nei voraci vegetariani orifizi della giovane: poi non dite che le nuove generazioni ignorano il terziario e l’artigianato! La tipa riusciva a tornire una zucchina col culo in 20 secondi tagliandola alla julienne come il miglior gordonremsy. La “vegetacazzi” così come era stata soprannominata aveva interrotto la relazione skype dopo che Silvio aveva chiesto una notte, con tutto il suo charme sardo, “Ma poi sta roba la lavi e la mangi o la butti?”.
Niente da fare a Sandro capitavano solo rompicoglioni. Nel grafico a torta che è la vita del povero Sandro, nemmeno uno spicchietto era dedicato agli “incontri sessuali promiscui ferroviari”. Che vita buttata dal finestrino di un treno in corsa!
In effetti non c’è miglior modo di presentare i nostri protagonisti se non attraverso il rapporto che hanno con il gentil sesso, che poi nel caso di Sandro questo “gentil sesso” aveva avuto inizio con una sua famosa cugina ampiamente navigata di trapani, che aveva trasformato una normale gita al mare in un incredibile evento! Non poteva mai dimenticare come, mentre Sandro faceva il suo dovere, lei continuasse a chiedere “Ti piace eh? Ti piace si vede! Ti piace eh? Ti piace o no?” ma che cazzo di domanda è pensò sul momento Sandro alquanto confuso. Questo evento lo segnò talmente tanto che durante la sua seconda volta con una bellissima compagna di classe del tempo (Katia si chiamava, ma quanto cazzo era bella Katia!) Sandro costellò l’incontro farcendolo con “minchia quanto mi piace! Quanto cazzo mi sta piacendo! Oh certo che veramente mi sta piacendo un sacco!” pensando che la prima volta avesse peccato in comunicazione. Katia apostrofò d’improvviso “Ma sei scemo o cosa?”.
Quindi il rapporto di Sandro con le donne può riassumersi nella parola: problematico.
Il nostro caro Sandro era il tipo che si innamora delle migliori amiche e poi ci sta male se loro rispondono :”chiamo il 113”. Quanta ineducazione al mondo. Quante incomprensioni. Quante chiamate al 113.
E quella volta che dichiarandosi ad una donna lei l’aveva interrotto dicendogli “Ma no no no io non ti amo comunque”? Eventi biblici.
“e cazzo fammi finire almeno” aveva pensato e mentre piangeva sull’honda bali del 92 che aveva 46 mila chilometri d’età, e mentre il bali borbottava nel traffico e Sandro piangeva, mentre pioveva; e mentre piangeva e pioveva e il bali borbottava Sandro si chiedeva il perché provasse tutto questo dolore? Cosa ci fosse di sbagliato in lui? E così pensando aveva smesso di mangiare, era dimagrito 40 chili, era diventato uno sportivo, aveva rinnovato lo stile, il look,tutto ciò sotto gli occhi di Silvio e Nicola increduli. Si era ripresentato otto mesi dopo alla spezza cuori ineducata di prima, durante una festa in campagna: l’idea era di ottenere una piccola rivincita, invece la tipa se lo era rigirato come un calzino, perché diciamolo che le donne fanno dei tipi come Sandro, i creduloni/illusi, quello che vogliono. Si erano appartati, e lui la desiderava talmente tanto che sentiva due forze di gravità, la prima dall’alto verso il basso, la seconda da lui verso lei. Altro che la mela di Newton! “questa sera è veramente speciale” e mentre lei lo fissava con i suoi grandi occhioni azzurri. E Sandro pensava “è fatta raga!” calcolava tutto, strategie napoleoniche, accerchiamenti di seni e vie d’uscita quagliesche.
“è tutta la serata che voglio dirtelo Sandro … ho conosciuto un tipo e ci sto insieme da qualche settimana … credo sia l’uomo giusto” e li la vita del nostro protagonista cambiò di colpo. Si alzò e fu compostamente ma inevitabilmente “porco dio”. La sua prima bestemmia. Parto cesareo dell’assenza di dio.
E mentre andava via era felice; mentre andava via era triste. L’importante comunque era andare via in quel momento. Le costellazioni gli sorridevano o magari lo prendevano per il culo, ma va bene così. E Silvio rise fino alle lacrime di quella storia e Nicola apostrofò la serata con un aulico “mi fa male il cazzo andiamo raga”. Petrarca non avrebbe saputo dirlo meglio.
Sandro era un sognatore. Aveva fatto del suo sogno la sua vita: la ricerca. Ma sapete i sogni son molto diversi quando si avverano principalmente perché i sogni non si avverano mai, ci si va vicino come quando a bocce sfiori il boccino, ma non puoi fondere boccino e boccia in un'unica perfetta sfera, è impossibile. Stessa cosa vale per i sogni: ci si può avvicinare ma non sono mai come quando li pensi fissando il cielo sospirando. Realizzare un sogno spesso comporta molte rinunce e Sandro ne aveva fatte tante di rinunce per realizzarlo. Era emigrato in Francia, si era lasciato tutto alle spalle. E la verità era che non ne valeva la pena, ma aveva più orgoglio nelle vene che globuli rossi e questo non l’avrebbe mai ammesso. Pensate a Cristoforo Colombo: aveva il suo sogno di andare per mare verso le indie, lo realizzò dedicandogli tutta la vita, e mentre lo faceva a Genova gli ciullavano la moglie magari. Karma alcuni direbbero? Troia direi io.
Perché Sandro era su quel treno non era mica un mistero. Stava tornando verso la città dove si era laureato per la festa di laurea del suo caro amico Silvio che era riuscito a concludere gli studi dopo 7 anni, 3 dei quali passati in un limbo di tesi più simile all’inferno. Ma poco importava adesso, di tutta la fatica, degli eventi assurdi degli ultimi anni, erano stati shakerati in una specie di lavabiancheria cosmico, dove il sapone era la sfiga. Ma va bene così, adeso era tempo di festeggiare. Cosa che richiedeva tutte le energie a disposizione oltre che un’organizzazione minuziosa. L’idea era di passare a prendere Nicola a Milano. E scender giù a raccattare gli altri due membri del gruppo per riunirsi con Silvio e celebrare e bere e “come se non esiste un domani” anche se domani comunque poi alla fine esiste.
Alla fine riuscì a trovare un posto per sedersi ed ovviamente
“ma tu che ne pensi di kylie minogue?” gli chiese un tipo.
“beh è veramente molto bella” rispose diplomaticamente Sandro “si dice abbia uno dei fondoschiena più belli del mondo” e mentre lo diceva era scientifico e neutrale, distaccato e chirurgico nella precisione lessicale.
“e certo” intervenne una tipa seduta di fronte a loro “perché se non hai il culo bello in questa società maschilista non vali un cazzo! Che serve studiare? Bla bla Società Sessista bla bla Donna oggetto bla bla” e mentre tutto ciò accadeva sul palcoscenico che è la sua vita, per la serie <<oggi in programma un frullato di rotture di coglioni dodicesima replica>>, Sandro non poteva crederci “ho un dottorato ma devo esser giudicata per il mio culo no?” e così dicendo Sandro alzò la mano per interromperla
“è … kylie … minogue” lentamente, scandendo, assaporandone le parole.
“e che vuol dire bla bla le veline bla bla favori sessuali” STOP. Di nuovo mano alzata e sguardo di Sandro deciso, irremovibile, come l’ultimo dei mohicani dinanzi alla morte certa
“stiamo parlando di … kylie … minogue” e aggiungendo “capisce che … kylie minogue ha fondato la sua intera esistenza sull’immagine e sul suo fondoschiena? Lei è laureata in non so che e kylie minogue è laureata in culo! OK?” e così dicendo Sandro si alzò di scatto guardo il soffitto del treno, e lo sguardo laser superò le lamiere del treno, il traforo del frejus, le alpi, le nuvole, lo spazio siderale e maledisse tutto il creato per la sua sfortuna negli incontri ferroviari.
Il resto del viaggio fu gusto lavanda.



[1] Ci sono tre tipi di citazioni: 3° livello, che dimostrano conoscenze letterarie/musicali/pittoriche/cinematografiche, tipica conoscenza inutile; 2° livello, pornografiche classiche e citazioni da racconti sessuali con protagonisti terze persone anche non confutati; 1° livello, sessuali ma esclusivamente riferiti a esperienze dirette comprovate da solide prove.

lunedì 9 dicembre 2013

Incredibile

E' incredibile come l'inizio di questo racconto abbia un retrogusto da ultima pagina: personalmente odio quelle ultime pagine da poche righe, soprattutto se il libro in questione è stato più che avvincente, perché non appena si volta la penultima pagina ci si ritrova davanti al bianco shock del vuoto di caratteri, una ultima pagina senza scampo, come il vicolo cieco di un labirinto, son cose che possono mandarti dal terapista. Tutti vorremo che la fine di una storia fosse cesellata da sorrisi, abbracci e magari qualche lacrima composta; un finale maturo di una storia matura, che ricopre i personaggi di un'aura da domanièunaltrogiorno. Cazzate; poetiche, illuminate, illuministe, da lui che non si volta mentre l'amata guardando le sue bellissime spalle in un completo grigio scuro piange ma non come piangiamo noi bensì diversamente, da alba sul mare che magari è un tramonto, da archi in crescendo come i film anni cinquanta (che una volta ne avevo visto uno interpretato da elvis e non era male), trepidanti, accorate, accigliate, makeuppate MA pur sempre cazzate. Nella realtà i finali son sempre veramente irrisolti. Ti lasciano come quando non sai se hai veramente finito di cagare, mediamente svuotato ma non del tutto. Nella realtà quando una cosa finisce, spesso te la trascini per anni e anni, e ci si metton su talmente tante croci sopra da sembrare un camposanto. Beh questa storia qui è così, ve lo anticipo preliminarmente: ha un inizio già iniziato, non un vero principio, è un po' come montar di corsa su di un vecchio treno sferragliante appena partito quando hai qualche chilo di troppo, ed il finale poi lascia proprio a desiderare tanto che son stato grandemente dubbioso se valesse la pena perder tempo per raccontarla. Poi sono arrivato alla giusta conclusione che ci son storie che son belle nel mezzo; se è vero che la mente umana comprende il significato di una frase carpendolo da sole poche parole, se doveste leggere questa storia nella istessa maniera, beh, perdincibacco, non ci capireste un cavolo. Questa storia ha senso se digerita nella mediocrità del messaggio che custodisce, perché non ha ne eroi ne tanto meno eroine, bensì tre fantastici esponenti di tutto ciò che è medio. Questa storia andava raccontata soprattutto considerando questa enorme piscina ripiena di appiccicoso caramello che è la mediocrità della società italiana di questi ultimi anni. I nostri protagonisti non si stagliano sul medio ed incolore, ne ne son esponenti negativi, maleodoranti, rigonfi di odio o chissà cos'altro. Sandro, Silvio e Nicola sono la stereotipatissima generazione X.
Sandro, Silvio e Nicola non sono dei vincenti, da aperitivo sul mare accompagnati da qualche gran figona in vertiginosa minigonna, ne dei perdenti, che trascinano la loro esistenza bohemiene nascondendosi dietro ideali di estremismi politici o che fanno della sopraffazione l'unica forma di riscatto sociale.
Non son vincenti, non son perdenti. Son la generazione X: quella che con la vita ci ha pareggiato.