venerdì 13 dicembre 2013

Frammento di futuro n°1

    Sedevano su tre sedie semidistrutte: due in legno e ferro da arredamento scolastico di cui una probabilmente di un asilo considerata l’altezza; la terza invece era la classica sedia da giardino a fasce di plastica di colori vari, anch’essa decadente e decaduta, aveva di certo visto tempi e giardini migliori.
La brace dal barbecue oramai morente ogni tanto crepitava ancora; la bambola “baby mia” trovata in un cassonetto, seviziata e giustiziata, era mezza sciolta oramai ed un bulbo intatto spuntava dalla plastica bruciata ed un puzzo di raffineria si levava dai resti in decomposizione.
Da dentro la casa c’era ancora un vociare che si levava in quella notte di Dicembre: era una notte importante per molti, molto importante per tre, importantissima per uno in particolare.
E loro tre eran la, un po’ come sempre, ma un po’ come non mai: Nicola guardava in terra con i gomiti sulle ginocchia a reggersi il capo, ogni tanto alzava lo sguardo e poi lo riabbassava di nuovo. E pensava a Lucia e ai danni che faceva il suo cazzo. Non l’amava. A volte è veramente difficile trovare una scusa per non amare qualcuno, ma Nicola era bravo in questo. Sandro col corpo tutto indietro, le mani gelate in tasca, fissava il cielo senza poter scorgere una stella, ma tanto sapeva che eran la. Ci son cose che sai che esistono anche se non le vedi, ci son cose che son belle anche dopo averle viste una volta sola e poi mai più. Ci son cose che son belle anche se fissate dentro un ricordo che magari è pure tutto sbagliato, perché si era sbronzi quella volta, perché si era troppo piccoli o solo perché una cosa a volte la si vuole ricordare in una certa maniera a prescindere da tutto e tutti. Sandro già sapeva che quel momento sarebbe stato bello, dopotutto era il più sensibile o meglio “frocio” come avevano emesso da tempo gli altri due e non ci potevi far nulla: la loro era l’ultima vera democrazia della terra.
“Ohi frocio che pensi?” disse Silvio dopo un sorso del 67 esimo bicchiere di vino della serata “non ti metterai mica a piangere eh? Per favore già non scopi normalmente! Quante volte te lo devo dire che l’uomo sensibile scopa solo se alternato a quello stronzo!?” e giù a ridere e giù a tossire.
“toh parla già come un dirigente d’azienda!” disse Nicola senza cambiar posizione, sembrava una sfinge su di un cesso “ti voglio proprio vedere coglione a fare qualche discorso motivazionale sull’emancipazione femminile nella tua azienda e dopo mezzora far colloqui a qualche bella stagista inginocchiata sotto il tavolo! MA SMETTILA VA! In galera crescerai (cit. 3° livello)!!” e mentre abbassava lo sguardo come aspettasse qualcuno da sottoterra, magari dalla Cina.
“Mi sono infrocito ancora di più da quando vi conosco” disse Sandro rimettendosi col corpo in avanti “qualcuno deve pur averci un minimo di sensibilità in mezzo a voi tre ergastolani del cazzo”
“ma nel senso che abbiamo il cazzo a regime di carcere duro? Oppure …” disse Silvio senza neanche finire la frase.
“Vabbè visto che sono il più frocio inizio io” e così dicendo Sandro si alzò e si diresse verso il barbecue. Mise il dito in una parte constatata a temperatura ambiente e si disegnò due strisce nere di carbone sotto gli occhi.
“son frocio indiano d’America ora” disse ridendo
“due minoranza si annullano a vicenda non potete discriminarmi” e si sedette pesantemente.
“se c’era ancora luiii dormivamo con le porte aperte e tu saresti stato un tester di marche di olio di ricino” e mentre Silvio riempiva il 68 esimo bicchiere.
“ma chissà quanto spendevano di riscaldamento a quel tempo?! Stavano sempre con queste minchia di porte aperte” disse Nicola anch’egli rialzandosi.
L’idea era di raccontare una storia ciascuno per concludere la serata e probabilmente uno dei loro ultimi incontri per chissà quanto tempo. Qualcosa che avesse significato. Dopo tutto quello che era successo in quei giorni, il tempo finalmente era rallentato e si era fermato in quell’istante lungo che era adesso. Per farlo rallentare si eran fatti più che male in questi anni, la maggior parte erano ferite invisibili, la maggior parte erano ferite nell’orgoglio che ho sempre immaginato come una striscia durissima di cuoio che però si segna facilmente anche se non si taglia altrettanto agevolmente.

“allora” disse Sandro schiarendosi la voce “mio zio Luigi vendeva enciclopedie porta a porta quando ancora qualcuno comprava le enciclopedie porta a porta o meglio quando ancora qualcuno comprava le enciclopedie per chissà quale motivo credo probabilmente ornamentale … Ed era molto bravo in quello che faceva … molto estroverso di natura … riusciva sempre a concludere qualche contratto e ci riusciva con persone di diverso ceto sociale … mi raccontava sempre che la cosa importante era trovare la chiave di volta che faceva scattare nelle persone la voglia di comprare questa cazzo di enciclopedia … a volte la si metteva sull’ironia … a volte qualche lusinga … il segreto era osservare … quasi come uno Sherlock Holmes osservava i più piccoli dettagli della scena di un crimine … mio zio invece guardava dettagli per trovare qualche appiglio da sfruttare per vendergli … ste cazzo di enciclopedie … beh tagliando corto … le cose andavano di merda in quella filiale di quella società di enciclopedie in quella mia stracazzo di città dimenticata da cristo che ricordiamo esser rimasto bloccato ad Eboli da uno sciopero di Trenitalia … piglia un giorno che ti va a succedere? Il capo di mio zio si fotte tutto il fondo cassa e scompare … la filiale fallisce e lui finisce in mezzo ad una strada con una moglie e una figlia da mantenere … aveva lavorato in giacca cravatta e sorriso forzato per 4 anni macinando chilometri su quella uno bianca mezza arrugginita dalla salsedine perché la usavamo per metterci la barca quando andavamo a pescare e non avevamo manco i soldi per un rimorchio quindi la mettevamo sul porta pacchi sopra e insomma … vabbé l’acqua salata aveva corroso parte della vernice … insomma ora mio zio era di nuovo per strada … disoccupato … beh ci son momenti nella vita che veramente vorresti prendere una scala a pioli … piantarla per terra salire due dieci fanta miliardi di scalini arrivare in cielo guardare dio in faccia metterti il paradenti da pugile e dire <<ti spiezzo in due>> … ma rabbia a prescindere non sapeva veramente cosa fare … andò per un periodo da mio padre a Milano per vedere se trovava lavoro …  ma gli mancava la famiglia e la sua terra … non è che piglia a 45 anni fai le valigie e parti … la vecchia generazione non sono mica come noi che non sappiamo quale cazzo è casa nostra e ce l’abbiamo un po’ dappertutto … fatto sta che una amico di amici gli propose di fare il muratore … dopo anni di giacca e cravatta mio zio che comunque tiene le palle come i satelliti di giove prende e si mette a fare il muratore … appalto dopo appalto … palazzo dopo palazzo lo vedevo sempre più consumato e stanco e depresso … una volta la ditta per cui lavorava vince un appalto a Rimini per costruire delle palazzine … e mio zio Luigi si ritrova a Rimini a centro di Dicembre … tutta innevata … senza ragazze in bikini ne ritmi latino americani del cazzo o disco dance in culo a soreta … e mentre sta li in alto sull’impalcatura … vede tutta sta neve … sente un freddo bastardo … si fa schifo e gli fa schifo tutto … piantando un bullone dietro l’altro con una mazza … sbaglia … e si da un colpo sul pollice della mano sinistra … il colpo è bello forte … un dolore come di un miliardo di volte quando ti si addormenta una gamba o un braccio … si toglie lentamente il guanto e mentre suda e mentre scende la cazzo di neve nella cazzo di Rimini di quel cazzo di Dicembre … e non c’è una in bikini manco a pagarla oro ne un suono latino americano nell’aeree Maracaibo mare forza nove … solo neve e un botto di dolore al pollice della mano sinistra … si toglie il guanto e il dito e tutto sfasciato … l’unghia spaccata gli cade in un attimo … vede il sangue … prende il dito e lo mette dentro la neve che aveva li accanto … ammonticchiata sull’impalcatura … e vede il rosso del sangue colorarla lentamente … un po’ piange … un po’ fa di no con la testa … e pensa a lui alla giacca e alla cravatta e alle enciclopedie che poi era stata la cosa più intellettuale che aveva fatto nella vita … cristo … vendeva conoscenza per dio … e poi si vede li come un coglione accovacciato col pollice sfasciato dentro la deve mentre questa diventa una granita di sangue … dopotutto lui è siciliano e noi si sa siam bravi a fare la granita … insomma fatto sta che sta li … e a quel punto decide … <<vaffanculo>> si vaffanculo … scende dall’impalcatura <<ehi Luigi dove vai?>> va verso la baracca del capo cantiere … e mentre dal dito gli scende il sangue e lascia per terra una scia sulla neve … che io voglio credere sia indelebile … cioè cristo lui passa di la e ci lascia un po’ di se … e chiunque passa da li può dire che Luigi è passato di la e mandava a fare in culo tutto in quel momento … come le cazzo di targhe dei martiri o quelle che mettono nelle case dei poeti o dei filosofi o degli scrittori che pur non avendo un cazzo in comune con mio zio Luigi io comunque li metto sullo stesso piano … insomma va dal capo cantiere e si licenzia … va in quella pensione di merda dove stavano prende la roba … si fascia il dito alla meno peggio … non va manco all’ospedale … vaffanculo Rimini d’inverno …  la sua totale assenza di bikini e di musica dance o latino americana di questa gran minchia … prende l’aereo e se ne torna in Sicilia … si fa i suoi bei mesi di disoccupazione rifiutandosi di lavorare come un negro in nero da muratore … e NON PERCHE’ NON HA LE PALLE PER FARLO … O PER ORGOGLIO … o per qualsiasi altra ragione … ma perché nella vita che poi è una sola per cristonostrosignoreamen … devi fare qualcosa che ti dia qualcosa di più di qualche soldo … perché è più facile portare la pagnotta a casa che esser felici davvero … perché il lavoro nobilita l’uomo se l’uomo fa un lavoro che lo nobilita davvero … se fa qualcosa in cui crede e che porcoddio lo arricchisce un minimo … ci son persone che quando vedono il palazzo costruito son fiere di se stesse e mio zio era felice quando vendeva le cazzo di enciclopedie in giacca e cravatta … insomma ragazzi … insomma … “ pausa lunga non voluta ma comunque che fa molto teatro “insomma … a volte per capire cosa è la felicità … ti devi prendere un colpo di mazza sul pollice”.

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