lunedì 9 dicembre 2013

Incredibile

E' incredibile come l'inizio di questo racconto abbia un retrogusto da ultima pagina: personalmente odio quelle ultime pagine da poche righe, soprattutto se il libro in questione è stato più che avvincente, perché non appena si volta la penultima pagina ci si ritrova davanti al bianco shock del vuoto di caratteri, una ultima pagina senza scampo, come il vicolo cieco di un labirinto, son cose che possono mandarti dal terapista. Tutti vorremo che la fine di una storia fosse cesellata da sorrisi, abbracci e magari qualche lacrima composta; un finale maturo di una storia matura, che ricopre i personaggi di un'aura da domanièunaltrogiorno. Cazzate; poetiche, illuminate, illuministe, da lui che non si volta mentre l'amata guardando le sue bellissime spalle in un completo grigio scuro piange ma non come piangiamo noi bensì diversamente, da alba sul mare che magari è un tramonto, da archi in crescendo come i film anni cinquanta (che una volta ne avevo visto uno interpretato da elvis e non era male), trepidanti, accorate, accigliate, makeuppate MA pur sempre cazzate. Nella realtà i finali son sempre veramente irrisolti. Ti lasciano come quando non sai se hai veramente finito di cagare, mediamente svuotato ma non del tutto. Nella realtà quando una cosa finisce, spesso te la trascini per anni e anni, e ci si metton su talmente tante croci sopra da sembrare un camposanto. Beh questa storia qui è così, ve lo anticipo preliminarmente: ha un inizio già iniziato, non un vero principio, è un po' come montar di corsa su di un vecchio treno sferragliante appena partito quando hai qualche chilo di troppo, ed il finale poi lascia proprio a desiderare tanto che son stato grandemente dubbioso se valesse la pena perder tempo per raccontarla. Poi sono arrivato alla giusta conclusione che ci son storie che son belle nel mezzo; se è vero che la mente umana comprende il significato di una frase carpendolo da sole poche parole, se doveste leggere questa storia nella istessa maniera, beh, perdincibacco, non ci capireste un cavolo. Questa storia ha senso se digerita nella mediocrità del messaggio che custodisce, perché non ha ne eroi ne tanto meno eroine, bensì tre fantastici esponenti di tutto ciò che è medio. Questa storia andava raccontata soprattutto considerando questa enorme piscina ripiena di appiccicoso caramello che è la mediocrità della società italiana di questi ultimi anni. I nostri protagonisti non si stagliano sul medio ed incolore, ne ne son esponenti negativi, maleodoranti, rigonfi di odio o chissà cos'altro. Sandro, Silvio e Nicola sono la stereotipatissima generazione X.
Sandro, Silvio e Nicola non sono dei vincenti, da aperitivo sul mare accompagnati da qualche gran figona in vertiginosa minigonna, ne dei perdenti, che trascinano la loro esistenza bohemiene nascondendosi dietro ideali di estremismi politici o che fanno della sopraffazione l'unica forma di riscatto sociale.
Non son vincenti, non son perdenti. Son la generazione X: quella che con la vita ci ha pareggiato.

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