domenica 12 gennaio 2014

L'eremita

Sandro scese dal treno come un marinaio scende da una nave: stanco e arrugginito. Stanco del viaggio e delle rotture di coglioni e arrugginito nei rapporti con gli italiani, che diciamolo pure con franchezza, son un popolo tutto a se stante.
All’italiano medio non gli devi perturbare la tranquillità, la routine con la quale si rilassa o si diverte; l’italiano è anti-illuminista, ma solo per noia, anti-anticlericale, ma solo per noia, anti-fascista/comunista, ma solo per noia; non è contro il progresso o il cambiamento, è solo una questione di conservazione dell’energia meccanica, che poi nel caso particolare è tutta potenziale. L’italiano riesce a trovare una situazione di minimo di energia anche sul cazzo di cocuzzolo dell’Everest, basta che non lo tocchi o non lo perturbi egli vivrà sereno anche in quella scomoda posizione. Da li forse quel malinteso sulla grande capacità di adattarsi, persone spicciole che non si fanno problemi. Cazzate. L’italiano vuole solo statica quiete, tepore, un lavoro dall’altra parte della strada, anche mal retribuito, basta che sia a tempo indeterminato. Poi farà il suo bel mutuetto da 1457 milioni di rate, si troverà una donna o viceversa un uomo che ispira sicurezza economica et voilà; insomma la favola di Adamo ed Eva di Max Gazzé avete presente? No? Beh andatevela a cercare.
“Frocio arrivasti finalmente” e Nicola era la esattamente davanti alla porta della sua carrozza. Il freddo era stordente in quella Milano buia, nuvolosa e pallida come le sue lampade al sodio, chiassosa come le sue auto, infinite come i globuli rossi nelle strade che son vene ed arterie di una città senza fine.
“Nicola ti trovo bene” e così dicendo si diedero due belle pacche sulle spalle “e sta barba? Madò quanto te la sei fatta allungare sembri Garibaldi” e mentre si avviavano all’uscita districandosi tra il fiume di persone che affollava la stazione. Era tardi e adesso la stazione si popolava dei suoi abitanti notturni, che cercavano un rifugio dal freddo di Dicembre.
“Si la barba ci sta dai … è il periodo un po’ punkabbestia ma solo perché ho conosciuto una da centro sociali … “ disse passandosi le dita sul volto “cioè che sia chiaro a me quella gente fa schifo lo sai … ma lei … puttana eva che tipa …” e mentre potevi leggere nei suoi occhi quanto sta tipa gli piacesse.
“Ma non ti sarai mica innamorato?” disse Sandro d’un fiato.
“Ma vaffanculo va!” e giù risate.
Nicola aveva 23 anni ed era il più giovane del trio. Anch’egli sardo come Silvio. Figlio di macellai di un piccolo paese che non contava un cazzo e che non era mai stato investito dalla storia, ma meglio così no? Si perché se nasci a Roma o a Torino o a Napoli le persone tendono sempre ad inquadrarti su di uno schema già disegnato, stile unisci i puntini. Hai comunque una genealogia territoriale da rispettare. Susciti sempre attese negli altri, che ardono di analizzare i tuoi comportamenti. Le persone desiderano rivedere il romano, il torinese o il napoletano esattamente come ce l’hanno in testa, secondo stereotipi che funzionano, in questo caso, veramente bene. Ma Nicola era nato in un posto che sul 70% delle mappe non è neanche segnalato: per comprendere meglio, un’estate di qualche anno fa Sandro era andato a trovarlo a Nicola ed ovviamente si era perso tra le strade di montagna tutte uguali, con il cellulare che al centro della <<più Sardegna di così si muore>> non prendeva manco una tacca, notando anche che si scaricava più velocemente come debilitato da un flusso anti-tecnologico sardo; allora disperato, chiedendo indicazioni a dei ragazzi che bevevano birra in un localino per strada (alle 9.30 del mattino!?) ottenne un incoraggiante “perché vorresti andarci?”. Perché non c’era nessun motivo per andar li! Un muro spazio temporale separava quel luogo dalla realtà.
Nicola di conseguenza, non avendo neanche un accento sardo marcato, era libero di essere, comportarsi, impersonare chi cazzo volesse. Questa libertà la sentivi subito conoscendolo, frequentandolo. Surfava abilmente tra le classi sociali: una sera in discoteca con i fighetti e le figlie di papà, la sera dopo a giocare in qualche gioco di ruolo come il migliore dei nerd e poi mostre, centri sociali, corsi di pasticceria, concerti metal o rock o una serata jazz, avrebbe fatto anche del volontariato in ospedale stile Patch Adams se questo l’avesse portato al fine ultimo dell’esistenza umano ossia SCOPARE.
Ok ok ok,
obiezione vostro onore,
il narratore sta cercando di far partire prevenuti i lettori!
Mettiamo tutto in un contesto: Nicola era un bravissimo ragazzo, timido, riservato, introverso. Con pochi amici sfigati di quelli che non beccano una donna manco a cambiar sesso e ad andare in un bar lesbo per donne disperate. Poi una notte di imprecisati anni fa, una di quelle notti dove può cambiare tutto, tutto cambiò: tornando da un inutile giro con gli amici di paese più sbronzi del solito o con l’asfalto meno aderente del solito o con l’asfalto sbronzo e gli amici poco aderenti, riuscirono nell’impresa di cappottare con l’auto manco fossero i protagonisti di Hazard: quando il povero Nicola riprese i sensi nell’auto cappottata, con una frattura scomposta al braccio destro e la bocca piena di terra e sangue (e considerando che quello era un pascolo di mucche anche probabilmente merda) e pensò trascinandosi fuori e tirandosi appresso l’amico accanto mezzo morto, una cosa molto importante,
“cazzo potevo morire vergine”
Questo spiega perfettamente il profondo cambiamento che subì la psiche di Nicola dopo quell’incidente. Appena tornato dall’ospedale si dedicò anima e corpo nel trombare il più possibile, vista la manifesta transitorietà della vita terrena.
            La cosa veramente sorprendete in Nicola era la scientificità assoluta dei suoi gesti, dei suoi comportamenti, dei suoi discorsi e come questi mutavano, si auto limavano, cambiavano punto di vista o punto di partenza a seconda della donna che aveva di fronte. Il nostro Nicola manco fosse Heinsemberg (il fisico non il tipo della serie TV!) imbastiva delle equazioni dal risultato molto spesso vicinissimo alle previsioni iniziali; era una specie di eletto alla matrix ma con il pantalone che riusciva a abbassarsi ad una velocità paragonabile a quella di un proiettile di una pistola. Il suo modo pragmatico di analizzare una donna dai dati che aveva a disposizione, ossia contesto, vestiario, atteggiamento e al massimo qualche sentito dire da amici comuni, aveva del sorprendente. Il limite era uno solo: non ci sono limiti! I limiti sono solo quelli che ci poniamo noi stessi. Incredibile come questo ragazzo invece di dar vita ad un movimento religioso avesse scelto di sfruttare tanta sapienza per immergersi nel sesso di una donna. Ma facciamo un esempio pratico:
Poniamo che l’obbiettivo sia una ragazza punk da centro sociale, il diagramma di flusso parte da due macroaree, ossia politica e musica e così prosegue
Start à discorso di sinistra à lamentarsi dello stato a prescindere da chi è al governo oppure citare Marx o Gramsci relativamente alla modernità del loro messaggio e poi concludere con qualche citazione musicale di Guccini, De Gregori, De André e stoccata finale con i 99 Posse.
            “Ti andrebbe di vedere quella mostra di carri armati dismessi russi trasformati in opere d’arte moderna?” a questo punto di solito Nicola sta facendo la conta delle otturazioni della tipa in questione mentre a Stoccolma già decidono per il suo Nobel.
            Se Nicola avesse messo tutta questa sapienza nei suoi studi sarebbe già un professionista affermato. L’unico paragone possibile è proprio con un Silvio Berlusconi: se B. avesse messo tutto il suo genio imprenditoriale per il bene e lo sviluppo economico e culturale del paese sarebbe stato di certo il più grande statista della storia, ma a questo ha sempre preferito sbronze di potere liquido; analogamente Nicola ha sempre preferito spogliare belle donne con il suo acume e la sua perspicacia, ognuno fa le scelte che vuole no?
            Ma torniamo a Sandro e Nicola. Dopo aver attraversato mezza Milano in metropolitana giunsero alla catapecchia dove Nicola viveva insieme ad altri 2 poco precisati ragazzi. Sandro aveva abbandonato da poco la vita universitaria per quella lavorativa, ma la tazza del cesso di una casa di universitari uomini è sempre uno spettacolo difficile da dimenticare. Si potrebbe stare ad ammirarla per ore: secoli di evoluzione buttati dalla finestra (perché nel cesso proprio non ci si posson buttare questa volta) per tornare in bocca al vaiolo o forse alla peste bubbonica.
            Dopo una cena più che studentesca a base di piadine riempite con cose a caso (principalmente cose appena scadute) i nostri due protagonisti si misero a chiacchierare del più e del sesso.
“Quindi sta tipa da centro sociale chi sarebbe? Ma non è che ti ho scassato la minchia a star qui stanotte?” disse Sandro sorseggiando della coca cola priva di molecole di gas.
“Ma che dici frocio … non ti preoccupare … comunque non è nessuno … è una che mi piace … ma bo …” e mentre Nicola guardava il soffitto cercando di imbastire una via di fuga dalle classiche domande di Sandro.
“Tranquillo Nicola stavolta non ti chiedo niente di più … ad Antonio l’hai già sentito?” dove Antonio era un amico dei nostri tre protagonisti che dopo una grande crisi mistica/di nervi era finito in una casa di cura proprio a Milano e che domani avrebbero rivisto e avrebbero tentato di portare alla festa di Silvio.
“L’ho sentito qualche settimana fa … ma non ci sta con la testa Sandro … io lascerei stare … non ci sta proprio con la testa … straparla … cazzo mi mette na tristezza a pensare che era un ragazzo tanto sveglio e capace …” e un po’ imbronciato si alzò per versarsi altra coca cola.
“Capita un intoppo nella vita Nicò”
“Si Sandro ma a lui gli si è intoppata la vena della realtà … vabbé noi abbiam battuto la fiacca per anni mentre Antonio sgobbava all’università e la sera lavorava per mantenersi … però cristo … poi succede na cosa del genere e ti passa la voglia … di tutto … non so se ho il coraggio di vederlo …”
“E’ solo un po’ esaurito … siamo ottimisti cazzo … domani andiamo a trovarlo e secondo me ci toglieremo tutte ste paure e troveremo il classico Antonio di sempre … magari finalmente meno di corsa e più rilassato” e così dicendo Sandro finì d’un sorso la sempre più degasata coca cola “E Lucia?” pausa di silenzio, lentamente Nicola alzò gli occhi e “Lucia cosa Sandro?”
“Lucia l’hai sentita?” avendo già capito di aver toccato il tasto dolente di sempre
“No … non l’ho sentita … ma meglio così guarda”.
Lucia era la donna che si era perdutamente innamorata di Nicola e di cui Sandro era stato sempre perdutamente innamorato, vista così la situazione può sembrare complicata, ma il risultato è molto ovvio: Lucia provò di tutto per portare Nicola dentro la sua vita, compreso andare a letto con Sandro (e poi anche Silvio ma questo non lo sa nessuno) per farlo ingelosire. E Nicola niente. Proprio perché sapeva benissimo che Lucia era la classica donna di cui ti innamoravi in un attimo. E lui non voleva amare nessuno, l’amore ti mette vincoli, come quando Gulliver veniva imprigionato dai lillipuziani e imbalsamato come un salame da migliaia di piccole corde beh l’amore ti mette migliaia di piccoli vincoli uno dietro l’altro, così piccoli che non te ne accorgi all’inizio e poi insomma, sei fregato, sei cambiato, sei diverso, meno libero alcuni direbbero e questo periodo è veramente e pesantemente troppo lungo ma dopotutto l’amore non è una cosa che ti lascia senza respiro e Sandro li ricorda bene gli occhi di Lucia quando gli aveva chiesto di Nicola e quegli occhi stavano sullo Zanichelli alla parola amore ed ora lei stava in una comune di fricchettoni a Bologna e non ne avevan saputo più nulla di lei per tutto l’ultimo anno.
“Sei ancora convinto di voler passare a prendere anche lei? Vedi che non ce n’è problemi considerando anche che non si è fatta più sentire …”
“No … no ci andiamo …  non ti preoccupare … il tempo cura tutte le ferite” e questo sappiamo tutti che è una cazzata. Perché il tempo cura le ferite di quelli che voglion guarire, ma quelli che adorano la vista del proprio sangue, grazie proprio al tempo perdono solo la ragione.
A cena finita si stesero sui letti in camera da Nicola: letti è un eufemismo, perché semplicemente Nicola gli aveva ceduto il suo e lui stava dormendo con un materasso in terra. Faceva un freddo incredibile soprattutto considerando fosse inverno e quella casa non avesse riscaldamenti. Appartamento senza contratto di un palazzo di studenti sgarrupato, ma che ve ne parlo a fare? A volte esser studente ti da il senso del limite che il tuo fisico può raggiungere. Vita da favelas.
Nel buio della stanza con un milione di coperte di diverso colore e dimensione la voce di Nicola ruppe il silenzio:”Mi dispiace che Lucia non ti ami”
Silenzio
“A me quasi dispiace che non la ami tu”
“Che risposta del cazzo Sà”
“Mi sa che proprio del cazzo sta risposta non viene fidati”.
L’indomani sveglia presto, valigia di Nicola fatta in 13 secondi con l’unica roba non sporca buttata dentro uno zaino, ma selezione accurata di braccialetti e del profumo; perché come dice sempre Nicola: “il primo impatto sta a livello dei feromoni caro mio! Ed è meglio che quelli miei da perdente non vengano individuati e allora li copro con cento euro di profumo accuratamente scelto!” La figa è scienza.
Salutati i coinquilini con un “oh ci si” quasi come se l’eventuale ritorno fosse sottomesso agli eventi dei prossimi giorni. I nostri due protagonisti si diressero verso la dimora del povero Antonio per vedere se fosse possibile coinvolgerlo in questa impresa degna dell’armata Brancaleone.
Antonio era stato ricoverato presso <<Villa Azzurra>> classico nome di una classica casa di cura privata immersa in un piccolo giardino classico. L’unico cosa dissonante era il colore della villa che si orientava più su di un verde.
“ma perché l’hanno chiamata villa azzurra se è verde” disse Nicola
“Ma che ti frega!? Abbiamo altro a cui pensare”
“No ma sta cosa proprio mi infastidisce glielo devo chiedere se c’è l’occasione”
“Ma non facciamo figure di merda che non abbiamo manco l’autorizzazione dei genitori per portarlo con noi”
“Provo a resistere ma devo saperlo!”
Entrati in ampio ingresso stile palazzo signorile settecentesco sulla destra si trovava la guardiola del custode/accoglienza/luogo di gossip e chiacchericcio vario. Il custode era pure fin troppo classico, col cappello di pelle marrone, i baffi, giocava a solitario con le carte mentre una TV in bianco e nero trasmetteva un film di totò (probabilmente non era in bianco e nero la TV ma solo il film ma il tutto si intonava perfettamente al momento) quello dove lui è un pittore che dipinge il famoso quadro della maya desnuda ma la fa con la camicia per dire che era un inedito e spacciarlo come autentico ritrovato, geniale.
“Mi scusi buongiorno” disse Sandro “Noi saremmo venuti a trovare il signor Antonio D’Arnaldo”
“Ma voi siete pareeenti?” con un accento napoletano che rese il tutto oltre il classicismo, quasi fosse una candid camera.
“No siamo dei cari amici”
“Ah … no lo chiedo non per farmi i cazzi vostri … ma perché abbiamo delle regole … ma non vi preoccupate mo ci mett na buona parola ie con la caposala e vediamo di arrangiare questo incontro … non per vantarmi ma sulla caposala ho un buon ascendente diciamo … siete stati fortunati a trovare a me in guardiooola e non all’altro scimunit … comunque torno subito” e così dicendo mise il cartellino torno subito nel vetro della guardiola che rese il livello di classicismo della situazione quasi insopportabile. L’animo e la vivacità del custode la diceva lunga sul fatto che in questo posto non accadeva mai un cazzo. Quindi la visita di questi due sconosciuti colorava la giornata in bianco e nero, come quello del film di totò che proprio in quel momento mostrava il quadro della maya en camicia, geniale ancora una volta.
Il custode tornò dopo qualche minuto accompagnato da una grassa suora vestita di bianco che sembrava una cometa sia per le dimensioni che per la dose di bianco tessuto che necessitava per coprire le sue cattoliche ed opulente vergogne.
“Voi signori sareste amici del signor D’Arnaldo giusto?” disse squadrandoci.
“Si sorella” disse Sandro con tutto il rispetto che poteva mostrare, <<ci deve tener proprio tanto>> pensò Nicola fissandolo, non che a Nicola non importasse, ma quel posto li e quel dubbio sul color verde del palazzo rispetto al nome villa Azzurra lo mettevano a disagio e poi … e poi c’era Antonio che era un grande punto interrogativo.
“Ascoltate il signor D’Arnaldo è qui da più di un anno e mezzo e ha fatto grandi miglioramenti … non ha più le crisi di panico che aveva all’inizio … ma non voglio che riceva troppa pressione … “ disse in maniera chiara la caposala/suora.
“Guardi noi vorremmo solo vedere come sta tutto qui siamo suoi amici dell’università ed una volta vivevamo tutti insieme e a quando è andato via abbiamo ricevuto poche notizie dai suoi genitori quindi … quindi niente vorremmo vederlo” in quel momento Sandro aveva già realizzato che non sarebbero riusciti a portarlo alla festa di Silvio, ma la curiosità di vedere il loro vecchio amico adesso era grande. Nicola guardava Sandro con un volto del tipo <<te l’avevo detto>> e Sandro annuiva e ammetteva che era stato troppo ottimista.
“Bene seguitemi sta nella sala comune in questo momento” e il trio si congedò dal guardiano che tornò fischiettando <<ohi vita ohi vita mia>> in guardiola concedendo un altro picco di classicismo a questa storia.
“Mi scusi sorella” chiese Nicola “ma come mai questo posto si chiama villa azzurra mentre la palazzina è tutta verde?”
La sorella si voltò sorridendo “Guardi non è da molto che lavoro qui mi dispiace era già verde quando sono arrivata io”
“ah la ringrazio” disse Nicola mentre Sandro lo guardava incazzato
“eh oh ciò sto dubbio Sà mannaggia alla mad …” e Sandro bloccò la blasfemia di Nicola con un calcio in culo.
“eccolo è seduto li su quei divani vicino al finestrone … lasciate che vi introduca” e così dicendo entrarono in una sala enorme quanto il terminal di un aeroporto. Pieno di sedie, tavoli e divani tutti diversi in colori e forme. Giocattoli, lavagne per colorare, giochi da tavolo sparsi dappertutto, carte, bicchieri di plastica. Il posto era pulito ma si vedeva chiaramente che era anche molto frequentato. Qui e la qualche persona seduta in silenzio. Un tipo in un angolo ripeteva le tabelline cantandole ma arrivato a sette per sette si bloccava e ricominciava da quella dell’uno.
“Antonio … ci stanno dei tuoi amici che son venuti a trovarti … amici dell’università … va bene ti va di vederli?” e li seduto in vestaglia di seta, foulard e bicchiere da champagne in mano sebbene pieno di coca cola ci stava Antonio, magro come sempre, profumato come sempre, sembrava che niente, neanche l’esaurimento nervoso l’avesse veramente intaccato. Quello stronzo ottimista, come lo chiamava Silvio. Antonio sotto la pioggia battente a portare le pizze per mantenersi all’università perché aveva litigato con i genitori ricchissimi dato che non voleva fare il medico come il padre bensì il filosofo, e allora contro tutto e tutti la filosofia l’aveva studiata, l’aveva studiata tutta come voleva lui. E c’era rimasto. Beh non era mica colpa della filosofia o della pizzeria se Antonio aveva dato di matto una sera girando come un pazzo con lo scooter e tirando le pizze sui passanti della strada chiusa al traffico e piena di negozi di lusso della città. Si dicesse avesse preso in faccia anche la moglie del sindaco, perché <<se una cosa la devi fare la devi fare bene>> aveva detto Silvio <<anche quando dai di matto, il matto lo devi fare per bene cazzo!>> e Antonio era stato da 110 e lode, come sempre.
Era arrivato a finire la tesi ma a non era riuscito a discuterla quindi alla fine manco il titolo di dottore in filosofia aveva preso. Avevano trovato la tesi stampata in camera sua e sul computer acceso la pagina dei ringraziamenti con la stessa parola ripetuta migliaia di volte:<<bora bora>>. Si il cervello gli era partito per sola andata a bora bora, ma almeno aveva scelto un bel posto, un posto caldo, soleggiato e pieno di tette. Allora i genitori l’avevan preso e rinchiuso a villa Azzurra che poi era verde come già sottolineato.
“falli avvicinare mia cara e portaci degli altri bicchieri ed il migliore dei Bordeaux della mia riserva personale” disse senza neanche voltarsi.
“si va bene” e girandosi verso di noi la suora “venite sedetevi e parlate un pochino” e andò via.
Il primo a sedersi fu Sandro proprio di fronte ad Antonio, mentre Nicola stette in piedi per qualche minuto prima di accomodarsi accanto a Sandro.
“Antonio …. Oh … so Sandro” e mentre Antonio continuava a guardare fuori senza degnarli di nessuna attenzione.
“Antonio … mi riconosci?” e di colpo
“Son pazzo non sono mica scemo Sandro” disse Antonio sorridendo ad entrambi, e dallo sguardo potevi subito capire che non era quello di una volta. Negli occhi mancava quel sorriso che potevi scorgere da chilometri di distanza. Antonio era una pila scarica di quelle che spacciavano per ricaricabili ma se le ri-energizzavi ti duravano solo cinque minuti. Le batterie gliele avevano cambiate ma il voltaggio era quello sbagliato e ad Antonio di vivere non gliene fregava più un cazzo, anche se nessuno aveva capito il perché, quale fosse la causa scatenante.
“Ah … ascolta come va come stai?”
“alla grande … qui si fanno un sacco di conversazioni stimolanti … credo di finir la tesi presto … e discutere … poi dottorato … ricercatore … associato … ordinario e poi ovviamente imperatore” una carriera niente male per un matto.
“Ah … sai che Silvio si è laureato? Stiamo andando io e Nicola alla sua festa … ti piacerebbe venire con noi? Magari possiamo chiedere un permesso ai tuoi e qui ai dottori se dicono che si può che dici?” e mentre Antonio continuava a fissare fuori.
“Chissà se ci sta ancora quella bella ragazza al bar di fronti casa nostra” e fece una pausa bevendo coca cola “era la figlia dei proprietari e stava ogni tanto alla cassa … occhi azzurri … caschetto biondo … era proprio bella … glielo ho sempre voluto dire”
“Beh …” fece Sandro guardando Nicola “boh non lo so magari potremmo scoprirlo insieme”
“No Sandro … adesso è troppo tardi per scoprirlo … andava scoperto in quel momento … ci sono cose che se perdi l’attimo … perdono anche il gusto … e non hai più diritto ad assaggiarle … scadono … muffiscono … scadono … divengono amare” e sta volta li guardava negli occhi a tutti e due con un sorriso un po’ cattivo stampato sul volto poc’anzi sereno.
“Non credi nelle seconde possibilità?” fece Sandro pentendosi di aver intrapreso quel discorso
“E tu ci credi? A me non sembra ce ne siano mai state”
“Vabbeh senti … ti va di venire con noi?”
“Sarebbe bello sai?” aggiunse Nicola prima parola detta da qualche minuto a questa parte.
“Si sarebbe bello ragazzi ma non so … non me la sento” e tornò a guardare fuori
Mentre tornò la suora con una bottiglia di coca cola e dei bicchieri meravigliosi da champagne in cristallo.
“Ecco finalmente servici da bere a tutto spiano che godano anche i miei commensali e commilitoni d’un tempo!” e per cinque minuti ci fu solo silenzio e bollicine e i nostri due protagonisti non sapevano neanche perché fossero venuti.
“Passeggiamo un po’ nel parco?” propose Antonio
“si certo se ti va …” fece Sandro mentre Nicola sottovoce suggeriva di andar via tanto era tempo perso. Passeggiarono nel parco per una ventina di minuti mentre Antonio descriveva la vita li, come ordinata, pulita, una esistenza serena e priva di pressioni, però ogni tanto gli porgeva delle domande particolari
“La fanno ancora quella pizza farcita in quel locale di fronte alla stazione?”
“Ma poi i lavori al dipartimento di Filosofia l’hanno finiti o pure no?”
“Ma Silvio si tromba ancora la tipa dei vegetali e della frutta?”
“Ma le fate ancora quelle visite notturne a quella radio universitaria pirata?”
Frammenti di una vita vissuta per sentito dire. Antonio aveva dedicato al suo progetto da molti osteggiato, criticato, tutta la sua energia privandosi di vivere il momento. Si era ripromesso che poi la vita l’avrebbe vissuta in un secondo tempo, quando ci sarebbero state le condizioni per farlo. Ma ironia della fottuta sorte tutto era andato a puttane e la seconda famosa possibilità non si era neanche presentata. Poi gentilmente li aveva accompagnati al cancello.
“Tornerete ancora a trovarmi?”
“Ma si Antonio certo che torniamo … ma sei sicuro di non voler venire?”
E li Antonio fece una cosa particolare, una lezione di quello che provava dentro ai suoi amici: provò a sforzarsi a superare il limite del cancello e più si avvicinava ad esso più il volto si segnava di dolore, di fatica. Qualche lacrima venne giù mentre Nicola e Sandro rimasero stupiti dinanzi a quella scena.
“Sandro … Nicola … io non riesco a venir fuori da qui … ho troppa paura di quello che mi aspetta … paura delle scelte fatte … paura delle responsabilità non prese … paura delle aspettative di tutto e tutti … ho paura di fallire … di ammettere che ho già fallito … paura dell’amore … e del tempo che passa mentre tu ti consumi come un coglione a portare le pizze sotto la cazzo di pioggia di una città che sembra mangiare solo pizze … solo quelle che consegni tu sotto la cazzo di pioggia capite? Io non posso uscire da qui … non voglio … non potrò mai rientrare nel flusso ora che ho capito … che il flusso della vita … è una grande bugia … non si matura mai si diventa solo anestetizzati … la gioia di un bel tramonto sfuma e si trasforma nella composta euforia che l’acquisto di un nuovo mobile per la tua casa ti dà … la pazzia di una corsa in moto con dietro avvinghiata la tua donna che ti pianta i seni sulla schiena mentre urla nella notte … vengono sostituiti da uno scatto d’anzianità sullo stipendio ed una pacca sulla spalla del tuo sempre uguale datore di lavoro o direttore o che cazzo ne so io … sopra di te avrai sempre qualcuno che ti vomita ordini … e tu l’ingoierai quel vomito per ri-vomitarlo ancora più arricchito in veleno e bile a chi hai sotto di te … una catena alimentare della solitudine e dell’alienazione è questa la vita che ci aspetta ed io … non posso farci parte … mi dispiace per avervi deluso” e così dicendo si voltò per tornare indietro verso l’ingresso della villa Azzurra.
“Antonio … “ urlò Nicola “ma perché cazzo si chiama villa Azzurra se poi è tutta verde me lo sai dire?”
“Il padrone di questo posto era daltonico e fottutamente testardo” disse sorridendo prima di entrare.
“Ah … ora va molto meglio” disse Nicola sereno e così dicendo se ne andarono via.

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