Sandro scese dal treno come un marinaio scende da una nave:
stanco e arrugginito. Stanco del viaggio e delle rotture di coglioni e
arrugginito nei rapporti con gli italiani, che diciamolo pure con franchezza,
son un popolo tutto a se stante.
All’italiano medio non gli devi perturbare la tranquillità,
la routine con la quale si rilassa o si diverte; l’italiano è anti-illuminista,
ma solo per noia, anti-anticlericale, ma solo per noia,
anti-fascista/comunista, ma solo per noia; non è contro il progresso o il
cambiamento, è solo una questione di conservazione dell’energia meccanica, che
poi nel caso particolare è tutta potenziale. L’italiano riesce a trovare una
situazione di minimo di energia anche sul cazzo di cocuzzolo dell’Everest,
basta che non lo tocchi o non lo perturbi egli vivrà sereno anche in quella
scomoda posizione. Da li forse quel malinteso sulla grande capacità di
adattarsi, persone spicciole che non si fanno problemi. Cazzate. L’italiano
vuole solo statica quiete, tepore, un lavoro dall’altra parte della strada,
anche mal retribuito, basta che sia a tempo indeterminato. Poi farà il suo bel
mutuetto da 1457 milioni di rate, si troverà una donna o viceversa un uomo che
ispira sicurezza economica et voilà; insomma la favola di Adamo ed Eva di Max
Gazzé avete presente? No? Beh andatevela a cercare.
“Frocio arrivasti finalmente” e Nicola era la esattamente
davanti alla porta della sua carrozza. Il freddo era stordente in quella Milano
buia, nuvolosa e pallida come le sue lampade al sodio, chiassosa come le sue
auto, infinite come i globuli rossi nelle strade che son vene ed arterie di una
città senza fine.
“Nicola ti trovo bene” e così dicendo si diedero due belle
pacche sulle spalle “e sta barba? Madò quanto te la sei fatta allungare sembri
Garibaldi” e mentre si avviavano all’uscita districandosi tra il fiume di
persone che affollava la stazione. Era tardi e adesso la stazione si popolava
dei suoi abitanti notturni, che cercavano un rifugio dal freddo di Dicembre.
“Si la barba ci sta dai … è il periodo un po’ punkabbestia
ma solo perché ho conosciuto una da centro sociali … “ disse passandosi le dita
sul volto “cioè che sia chiaro a me quella gente fa schifo lo sai … ma lei …
puttana eva che tipa …” e mentre potevi leggere nei suoi occhi quanto sta tipa
gli piacesse.
“Ma non ti sarai mica innamorato?” disse Sandro d’un fiato.
“Ma vaffanculo va!” e giù risate.
Nicola aveva 23 anni ed era il più giovane del trio.
Anch’egli sardo come Silvio. Figlio di macellai di un piccolo paese che non
contava un cazzo e che non era mai stato investito dalla storia, ma meglio così
no? Si perché se nasci a Roma o a Torino o a Napoli le persone tendono sempre ad
inquadrarti su di uno schema già disegnato, stile unisci i puntini. Hai
comunque una genealogia territoriale da rispettare. Susciti sempre attese negli
altri, che ardono di analizzare i tuoi comportamenti. Le persone desiderano rivedere
il romano, il torinese o il napoletano esattamente come ce l’hanno in testa,
secondo stereotipi che funzionano, in questo caso, veramente bene. Ma Nicola
era nato in un posto che sul 70% delle mappe non è neanche segnalato: per
comprendere meglio, un’estate di qualche anno fa Sandro era andato a trovarlo a
Nicola ed ovviamente si era perso tra le strade di montagna tutte uguali, con
il cellulare che al centro della <<più Sardegna di così si muore>>
non prendeva manco una tacca, notando anche che si scaricava più velocemente
come debilitato da un flusso anti-tecnologico sardo; allora disperato, chiedendo
indicazioni a dei ragazzi che bevevano birra in un localino per strada (alle
9.30 del mattino!?) ottenne un incoraggiante “perché vorresti andarci?”. Perché
non c’era nessun motivo per andar li! Un muro spazio temporale separava quel
luogo dalla realtà.
Nicola di conseguenza, non avendo neanche un accento sardo
marcato, era libero di essere, comportarsi, impersonare chi cazzo volesse. Questa
libertà la sentivi subito conoscendolo, frequentandolo. Surfava abilmente tra
le classi sociali: una sera in discoteca con i fighetti e le figlie di papà, la
sera dopo a giocare in qualche gioco di ruolo come il migliore dei nerd e poi
mostre, centri sociali, corsi di pasticceria, concerti metal o rock o una serata
jazz, avrebbe fatto anche del volontariato in ospedale stile Patch Adams se
questo l’avesse portato al fine ultimo dell’esistenza umano ossia SCOPARE.
Ok ok ok,
obiezione vostro onore,
il narratore sta cercando di far partire prevenuti i
lettori!
Mettiamo tutto in un contesto: Nicola era un bravissimo
ragazzo, timido, riservato, introverso. Con pochi amici sfigati di quelli che
non beccano una donna manco a cambiar sesso e ad andare in un bar lesbo per
donne disperate. Poi una notte di imprecisati anni fa, una di quelle notti dove
può cambiare tutto, tutto cambiò: tornando da un inutile giro con gli amici di paese
più sbronzi del solito o con l’asfalto meno aderente del solito o con l’asfalto
sbronzo e gli amici poco aderenti, riuscirono nell’impresa di cappottare con
l’auto manco fossero i protagonisti di Hazard: quando il povero Nicola riprese
i sensi nell’auto cappottata, con una frattura scomposta al braccio destro e la
bocca piena di terra e sangue (e considerando che quello era un pascolo di
mucche anche probabilmente merda) e pensò trascinandosi fuori e tirandosi
appresso l’amico accanto mezzo morto, una cosa molto importante,
“cazzo potevo morire vergine”
Questo spiega perfettamente il
profondo cambiamento che subì la psiche di Nicola dopo quell’incidente. Appena
tornato dall’ospedale si dedicò anima e corpo nel trombare il più possibile,
vista la manifesta transitorietà della vita terrena.
La
cosa veramente sorprendete in Nicola era la scientificità assoluta dei suoi
gesti, dei suoi comportamenti, dei suoi discorsi e come questi mutavano, si
auto limavano, cambiavano punto di vista o punto di partenza a seconda della
donna che aveva di fronte. Il nostro Nicola manco fosse Heinsemberg (il fisico
non il tipo della serie TV!) imbastiva delle equazioni dal risultato molto
spesso vicinissimo alle previsioni iniziali; era una specie di eletto alla
matrix ma con il pantalone che riusciva a abbassarsi ad una velocità
paragonabile a quella di un proiettile di una pistola. Il suo modo pragmatico
di analizzare una donna dai dati che aveva a disposizione, ossia contesto,
vestiario, atteggiamento e al massimo qualche sentito dire da amici comuni,
aveva del sorprendente. Il limite era uno solo: non ci sono limiti! I limiti
sono solo quelli che ci poniamo noi stessi. Incredibile come questo ragazzo
invece di dar vita ad un movimento religioso avesse scelto di sfruttare tanta
sapienza per immergersi nel sesso di una donna. Ma facciamo un esempio pratico:
Poniamo che l’obbiettivo sia una ragazza
punk da centro sociale, il diagramma di flusso parte da due macroaree, ossia
politica e musica e così prosegue
Start à discorso di sinistra à
lamentarsi dello stato a prescindere da chi è al governo oppure citare Marx o Gramsci
relativamente alla modernità del loro messaggio e poi concludere con qualche
citazione musicale di Guccini, De Gregori, De André e stoccata finale con i 99
Posse.
“Ti
andrebbe di vedere quella mostra di carri armati dismessi russi trasformati in
opere d’arte moderna?” a questo punto di solito Nicola sta facendo la conta
delle otturazioni della tipa in questione mentre a Stoccolma già decidono per
il suo Nobel.
Se
Nicola avesse messo tutta questa sapienza nei suoi studi sarebbe già un
professionista affermato. L’unico paragone possibile è proprio con un Silvio
Berlusconi: se B. avesse messo tutto il suo genio imprenditoriale per il bene e
lo sviluppo economico e culturale del paese sarebbe stato di certo il più
grande statista della storia, ma a questo ha sempre preferito sbronze di potere
liquido; analogamente Nicola ha sempre preferito spogliare belle donne con il
suo acume e la sua perspicacia, ognuno fa le scelte che vuole no?
Ma
torniamo a Sandro e Nicola. Dopo aver attraversato mezza Milano in
metropolitana giunsero alla catapecchia dove Nicola viveva insieme ad altri 2
poco precisati ragazzi. Sandro aveva abbandonato da poco la vita universitaria
per quella lavorativa, ma la tazza del cesso di una casa di universitari uomini
è sempre uno spettacolo difficile da dimenticare. Si potrebbe stare ad
ammirarla per ore: secoli di evoluzione buttati dalla finestra (perché nel
cesso proprio non ci si posson buttare questa volta) per tornare in bocca al
vaiolo o forse alla peste bubbonica.
Dopo
una cena più che studentesca a base di piadine riempite con cose a caso (principalmente
cose appena scadute) i nostri due protagonisti si misero a chiacchierare del
più e del sesso.
“Quindi sta tipa da centro sociale
chi sarebbe? Ma non è che ti ho scassato la minchia a star qui stanotte?” disse
Sandro sorseggiando della coca cola priva di molecole di gas.
“Ma che dici frocio … non ti
preoccupare … comunque non è nessuno … è una che mi piace … ma bo …” e mentre
Nicola guardava il soffitto cercando di imbastire una via di fuga dalle
classiche domande di Sandro.
“Tranquillo Nicola stavolta non ti chiedo
niente di più … ad Antonio l’hai già sentito?” dove Antonio era un amico dei
nostri tre protagonisti che dopo una grande crisi mistica/di nervi era finito
in una casa di cura proprio a Milano e che domani avrebbero rivisto e avrebbero
tentato di portare alla festa di Silvio.
“L’ho sentito qualche settimana fa …
ma non ci sta con la testa Sandro … io lascerei stare … non ci sta proprio con
la testa … straparla … cazzo mi mette na tristezza a pensare che era un ragazzo
tanto sveglio e capace …” e un po’ imbronciato si alzò per versarsi altra coca
cola.
“Capita un intoppo nella vita Nicò”
“Si Sandro ma a lui gli si è
intoppata la vena della realtà … vabbé noi abbiam battuto la fiacca per anni
mentre Antonio sgobbava all’università e la sera lavorava per mantenersi … però
cristo … poi succede na cosa del genere e ti passa la voglia … di tutto … non
so se ho il coraggio di vederlo …”
“E’ solo un po’ esaurito … siamo ottimisti
cazzo … domani andiamo a trovarlo e secondo me ci toglieremo tutte ste paure e
troveremo il classico Antonio di sempre … magari finalmente meno di corsa e più
rilassato” e così dicendo Sandro finì d’un sorso la sempre più degasata coca
cola “E Lucia?” pausa di silenzio, lentamente Nicola alzò gli occhi e “Lucia
cosa Sandro?”
“Lucia l’hai sentita?” avendo già
capito di aver toccato il tasto dolente di sempre
“No … non l’ho sentita … ma meglio
così guarda”.
Lucia era la donna che si era
perdutamente innamorata di Nicola e di cui Sandro era stato sempre perdutamente
innamorato, vista così la situazione può sembrare complicata, ma il risultato è
molto ovvio: Lucia provò di tutto per portare Nicola dentro la sua vita,
compreso andare a letto con Sandro (e poi anche Silvio ma questo non lo sa
nessuno) per farlo ingelosire. E Nicola niente. Proprio perché sapeva benissimo
che Lucia era la classica donna di cui ti innamoravi in un attimo. E lui non
voleva amare nessuno, l’amore ti mette vincoli, come quando Gulliver veniva
imprigionato dai lillipuziani e imbalsamato come un salame da migliaia di
piccole corde beh l’amore ti mette migliaia di piccoli vincoli uno dietro
l’altro, così piccoli che non te ne accorgi all’inizio e poi insomma, sei
fregato, sei cambiato, sei diverso, meno libero alcuni direbbero e questo
periodo è veramente e pesantemente troppo lungo ma dopotutto l’amore non è una
cosa che ti lascia senza respiro e Sandro li ricorda bene gli occhi di Lucia
quando gli aveva chiesto di Nicola e quegli occhi stavano sullo Zanichelli alla
parola amore ed ora lei stava in una comune di fricchettoni a Bologna e non ne
avevan saputo più nulla di lei per tutto l’ultimo anno.
“Sei ancora convinto di voler
passare a prendere anche lei? Vedi che non ce n’è problemi considerando anche
che non si è fatta più sentire …”
“No … no ci andiamo … non ti preoccupare … il tempo cura tutte le
ferite” e questo sappiamo tutti che è una cazzata. Perché il tempo cura le
ferite di quelli che voglion guarire, ma quelli che adorano la vista del
proprio sangue, grazie proprio al tempo perdono solo la ragione.
A cena finita si stesero sui letti
in camera da Nicola: letti è un eufemismo, perché semplicemente Nicola gli
aveva ceduto il suo e lui stava dormendo con un materasso in terra. Faceva un
freddo incredibile soprattutto considerando fosse inverno e quella casa non
avesse riscaldamenti. Appartamento senza contratto di un palazzo di studenti
sgarrupato, ma che ve ne parlo a fare? A volte esser studente ti da il senso
del limite che il tuo fisico può raggiungere. Vita da favelas.
Nel buio della stanza con un milione
di coperte di diverso colore e dimensione la voce di Nicola ruppe il
silenzio:”Mi dispiace che Lucia non ti ami”
Silenzio
“A me quasi dispiace che non la ami
tu”
“Che risposta del cazzo Sà”
“Mi sa che proprio del cazzo sta
risposta non viene fidati”.
L’indomani sveglia presto, valigia
di Nicola fatta in 13 secondi con l’unica roba non sporca buttata dentro uno
zaino, ma selezione accurata di braccialetti e del profumo; perché come dice
sempre Nicola: “il primo impatto sta a livello dei feromoni caro mio! Ed è
meglio che quelli miei da perdente non vengano individuati e allora li copro
con cento euro di profumo accuratamente scelto!” La figa è scienza.
Salutati i coinquilini con un “oh ci
si” quasi come se l’eventuale ritorno fosse sottomesso agli eventi dei prossimi
giorni. I nostri due protagonisti si diressero verso la dimora del povero
Antonio per vedere se fosse possibile coinvolgerlo in questa impresa degna
dell’armata Brancaleone.
Antonio era stato ricoverato presso
<<Villa Azzurra>> classico nome di una classica casa di cura
privata immersa in un piccolo giardino classico. L’unico cosa dissonante era il
colore della villa che si orientava più su di un verde.
“ma perché l’hanno chiamata villa
azzurra se è verde” disse Nicola
“Ma che ti frega!? Abbiamo altro a
cui pensare”
“No ma sta cosa proprio mi
infastidisce glielo devo chiedere se c’è l’occasione”
“Ma non facciamo figure di merda che
non abbiamo manco l’autorizzazione dei genitori per portarlo con noi”
“Provo a resistere ma devo saperlo!”
Entrati in ampio ingresso stile
palazzo signorile settecentesco sulla destra si trovava la guardiola del
custode/accoglienza/luogo di gossip e chiacchericcio vario. Il custode era pure
fin troppo classico, col cappello di pelle marrone, i baffi, giocava a
solitario con le carte mentre una TV in bianco e nero trasmetteva un film di
totò (probabilmente non era in bianco e nero la TV ma solo il film ma il tutto
si intonava perfettamente al momento) quello dove lui è un pittore che dipinge
il famoso quadro della maya desnuda ma la fa con la camicia per dire che era un
inedito e spacciarlo come autentico ritrovato, geniale.
“Mi scusi buongiorno” disse Sandro
“Noi saremmo venuti a trovare il signor Antonio D’Arnaldo”
“Ma voi siete pareeenti?” con un
accento napoletano che rese il tutto oltre il classicismo, quasi fosse una
candid camera.
“No siamo dei cari amici”
“Ah … no lo chiedo non per farmi i
cazzi vostri … ma perché abbiamo delle regole … ma non vi preoccupate mo ci
mett na buona parola ie con la caposala e vediamo di arrangiare questo incontro
… non per vantarmi ma sulla caposala ho un buon ascendente diciamo … siete
stati fortunati a trovare a me in guardiooola e non all’altro scimunit …
comunque torno subito” e così dicendo mise il cartellino torno subito nel vetro
della guardiola che rese il livello di classicismo della situazione quasi
insopportabile. L’animo e la vivacità del custode la diceva lunga sul fatto che
in questo posto non accadeva mai un cazzo. Quindi la visita di questi due
sconosciuti colorava la giornata in bianco e nero, come quello del film di totò
che proprio in quel momento mostrava il quadro della maya en camicia, geniale
ancora una volta.
Il custode tornò dopo qualche minuto
accompagnato da una grassa suora vestita di bianco che sembrava una cometa sia
per le dimensioni che per la dose di bianco tessuto che necessitava per coprire
le sue cattoliche ed opulente vergogne.
“Voi signori sareste amici del
signor D’Arnaldo giusto?” disse squadrandoci.
“Si sorella” disse Sandro con tutto
il rispetto che poteva mostrare, <<ci deve tener proprio tanto>>
pensò Nicola fissandolo, non che a Nicola non importasse, ma quel posto li e
quel dubbio sul color verde del palazzo rispetto al nome villa Azzurra lo
mettevano a disagio e poi … e poi c’era Antonio che era un grande punto
interrogativo.
“Ascoltate il signor D’Arnaldo è qui
da più di un anno e mezzo e ha fatto grandi miglioramenti … non ha più le crisi
di panico che aveva all’inizio … ma non voglio che riceva troppa pressione … “
disse in maniera chiara la caposala/suora.
“Guardi noi vorremmo solo vedere
come sta tutto qui siamo suoi amici dell’università ed una volta vivevamo tutti
insieme e a quando è andato via abbiamo ricevuto poche notizie dai suoi
genitori quindi … quindi niente vorremmo vederlo” in quel momento Sandro aveva
già realizzato che non sarebbero riusciti a portarlo alla festa di Silvio, ma
la curiosità di vedere il loro vecchio amico adesso era grande. Nicola guardava
Sandro con un volto del tipo <<te l’avevo detto>> e Sandro annuiva
e ammetteva che era stato troppo ottimista.
“Bene seguitemi sta nella sala
comune in questo momento” e il trio si congedò dal guardiano che tornò
fischiettando <<ohi vita ohi vita mia>> in guardiola concedendo un
altro picco di classicismo a questa storia.
“Mi scusi sorella” chiese Nicola “ma
come mai questo posto si chiama villa azzurra mentre la palazzina è tutta
verde?”
La sorella si voltò sorridendo “Guardi
non è da molto che lavoro qui mi dispiace era già verde quando sono arrivata io”
“ah la ringrazio” disse Nicola
mentre Sandro lo guardava incazzato
“eh oh ciò sto dubbio Sà mannaggia alla
mad …” e Sandro bloccò la blasfemia di Nicola con un calcio in culo.
“eccolo è seduto li su quei divani
vicino al finestrone … lasciate che vi introduca” e così dicendo entrarono in
una sala enorme quanto il terminal di un aeroporto. Pieno di sedie, tavoli e
divani tutti diversi in colori e forme. Giocattoli, lavagne per colorare,
giochi da tavolo sparsi dappertutto, carte, bicchieri di plastica. Il posto era
pulito ma si vedeva chiaramente che era anche molto frequentato. Qui e la
qualche persona seduta in silenzio. Un tipo in un angolo ripeteva le tabelline
cantandole ma arrivato a sette per sette si bloccava e ricominciava da quella
dell’uno.
“Antonio … ci stanno dei tuoi amici
che son venuti a trovarti … amici dell’università … va bene ti va di vederli?”
e li seduto in vestaglia di seta, foulard e bicchiere da champagne in mano
sebbene pieno di coca cola ci stava Antonio, magro come sempre, profumato come
sempre, sembrava che niente, neanche l’esaurimento nervoso l’avesse veramente
intaccato. Quello stronzo ottimista, come lo chiamava Silvio. Antonio sotto la
pioggia battente a portare le pizze per mantenersi all’università perché aveva
litigato con i genitori ricchissimi dato che non voleva fare il medico come il
padre bensì il filosofo, e allora contro tutto e tutti la filosofia l’aveva
studiata, l’aveva studiata tutta come voleva lui. E c’era rimasto. Beh non era
mica colpa della filosofia o della pizzeria se Antonio aveva dato di matto una
sera girando come un pazzo con lo scooter e tirando le pizze sui passanti della
strada chiusa al traffico e piena di negozi di lusso della città. Si dicesse
avesse preso in faccia anche la moglie del sindaco, perché <<se una cosa
la devi fare la devi fare bene>> aveva detto Silvio <<anche quando
dai di matto, il matto lo devi fare per bene cazzo!>> e Antonio era stato
da 110 e lode, come sempre.
Era arrivato a finire la tesi ma a
non era riuscito a discuterla quindi alla fine manco il titolo di dottore in
filosofia aveva preso. Avevano trovato la tesi stampata in camera sua e sul
computer acceso la pagina dei ringraziamenti con la stessa parola ripetuta migliaia
di volte:<<bora bora>>. Si il cervello gli era partito per sola
andata a bora bora, ma almeno aveva scelto un bel posto, un posto caldo,
soleggiato e pieno di tette. Allora i genitori l’avevan preso e rinchiuso a
villa Azzurra che poi era verde come già sottolineato.
“falli avvicinare mia cara e portaci
degli altri bicchieri ed il migliore dei Bordeaux della mia riserva personale”
disse senza neanche voltarsi.
“si va bene” e girandosi verso di
noi la suora “venite sedetevi e parlate un pochino” e andò via.
Il primo a sedersi fu Sandro proprio
di fronte ad Antonio, mentre Nicola stette in piedi per qualche minuto prima di
accomodarsi accanto a Sandro.
“Antonio …. Oh … so Sandro” e mentre
Antonio continuava a guardare fuori senza degnarli di nessuna attenzione.
“Antonio … mi riconosci?” e di colpo
“Son pazzo non sono mica scemo
Sandro” disse Antonio sorridendo ad entrambi, e dallo sguardo potevi subito
capire che non era quello di una volta. Negli occhi mancava quel sorriso che
potevi scorgere da chilometri di distanza. Antonio era una pila scarica di
quelle che spacciavano per ricaricabili ma se le ri-energizzavi ti duravano
solo cinque minuti. Le batterie gliele avevano cambiate ma il voltaggio era
quello sbagliato e ad Antonio di vivere non gliene fregava più un cazzo, anche
se nessuno aveva capito il perché, quale fosse la causa scatenante.
“Ah … ascolta come va come stai?”
“alla grande … qui si fanno un sacco
di conversazioni stimolanti … credo di finir la tesi presto … e discutere … poi
dottorato … ricercatore … associato … ordinario e poi ovviamente imperatore”
una carriera niente male per un matto.
“Ah … sai che Silvio si è laureato?
Stiamo andando io e Nicola alla sua festa … ti piacerebbe venire con noi?
Magari possiamo chiedere un permesso ai tuoi e qui ai dottori se dicono che si
può che dici?” e mentre Antonio continuava a fissare fuori.
“Chissà se ci sta ancora quella
bella ragazza al bar di fronti casa nostra” e fece una pausa bevendo coca cola “era
la figlia dei proprietari e stava ogni tanto alla cassa … occhi azzurri …
caschetto biondo … era proprio bella … glielo ho sempre voluto dire”
“Beh …” fece Sandro guardando Nicola
“boh non lo so magari potremmo scoprirlo insieme”
“No Sandro … adesso è troppo tardi
per scoprirlo … andava scoperto in quel momento … ci sono cose che se perdi l’attimo
… perdono anche il gusto … e non hai più diritto ad assaggiarle … scadono …
muffiscono … scadono … divengono amare” e sta volta li guardava negli occhi a
tutti e due con un sorriso un po’ cattivo stampato sul volto poc’anzi sereno.
“Non credi nelle seconde
possibilità?” fece Sandro pentendosi di aver intrapreso quel discorso
“E tu ci credi? A me non sembra ce
ne siano mai state”
“Vabbeh senti … ti va di venire con
noi?”
“Sarebbe bello sai?” aggiunse Nicola
prima parola detta da qualche minuto a questa parte.
“Si sarebbe bello ragazzi ma non so …
non me la sento” e tornò a guardare fuori
Mentre tornò la suora con una
bottiglia di coca cola e dei bicchieri meravigliosi da champagne in cristallo.
“Ecco finalmente servici da bere a
tutto spiano che godano anche i miei commensali e commilitoni d’un tempo!” e
per cinque minuti ci fu solo silenzio e bollicine e i nostri due protagonisti
non sapevano neanche perché fossero venuti.
“Passeggiamo un po’ nel parco?”
propose Antonio
“si certo se ti va …” fece Sandro
mentre Nicola sottovoce suggeriva di andar via tanto era tempo perso.
Passeggiarono nel parco per una ventina di minuti mentre Antonio descriveva la
vita li, come ordinata, pulita, una esistenza serena e priva di pressioni, però
ogni tanto gli porgeva delle domande particolari
“La fanno ancora quella pizza
farcita in quel locale di fronte alla stazione?”
“Ma poi i lavori al dipartimento di
Filosofia l’hanno finiti o pure no?”
“Ma Silvio si tromba ancora la tipa
dei vegetali e della frutta?”
“Ma le fate ancora quelle visite
notturne a quella radio universitaria pirata?”
Frammenti di una vita vissuta per
sentito dire. Antonio aveva dedicato al suo progetto da molti osteggiato, criticato,
tutta la sua energia privandosi di vivere il momento. Si era ripromesso che poi
la vita l’avrebbe vissuta in un secondo tempo, quando ci sarebbero state le
condizioni per farlo. Ma ironia della fottuta sorte tutto era andato a puttane
e la seconda famosa possibilità non si era neanche presentata. Poi gentilmente
li aveva accompagnati al cancello.
“Tornerete ancora a trovarmi?”
“Ma si Antonio certo che torniamo …
ma sei sicuro di non voler venire?”
E li Antonio fece una cosa
particolare, una lezione di quello che provava dentro ai suoi amici: provò a
sforzarsi a superare il limite del cancello e più si avvicinava ad esso più il
volto si segnava di dolore, di fatica. Qualche lacrima venne giù mentre Nicola
e Sandro rimasero stupiti dinanzi a quella scena.
“Sandro … Nicola … io non riesco a
venir fuori da qui … ho troppa paura di quello che mi aspetta … paura delle
scelte fatte … paura delle responsabilità non prese … paura delle aspettative
di tutto e tutti … ho paura di fallire … di ammettere che ho già fallito …
paura dell’amore … e del tempo che passa mentre tu ti consumi come un coglione
a portare le pizze sotto la cazzo di pioggia di una città che sembra mangiare
solo pizze … solo quelle che consegni tu sotto la cazzo di pioggia capite? Io
non posso uscire da qui … non voglio … non potrò mai rientrare nel flusso ora
che ho capito … che il flusso della vita … è una grande bugia … non si matura
mai si diventa solo anestetizzati … la gioia di un bel tramonto sfuma e si trasforma
nella composta euforia che l’acquisto di un nuovo mobile per la tua casa ti dà …
la pazzia di una corsa in moto con dietro avvinghiata la tua donna che ti
pianta i seni sulla schiena mentre urla nella notte … vengono sostituiti da uno
scatto d’anzianità sullo stipendio ed una pacca sulla spalla del tuo sempre
uguale datore di lavoro o direttore o che cazzo ne so io … sopra di te avrai
sempre qualcuno che ti vomita ordini … e tu l’ingoierai quel vomito per ri-vomitarlo
ancora più arricchito in veleno e bile a chi hai sotto di te … una catena
alimentare della solitudine e dell’alienazione è questa la vita che ci aspetta
ed io … non posso farci parte … mi dispiace per avervi deluso” e così dicendo
si voltò per tornare indietro verso l’ingresso della villa Azzurra.
“Antonio … “ urlò Nicola “ma perché
cazzo si chiama villa Azzurra se poi è tutta verde me lo sai dire?”
“Il padrone di questo posto era
daltonico e fottutamente testardo” disse sorridendo prima di entrare.
“Ah … ora va molto
meglio” disse Nicola sereno e così dicendo se ne andarono via.
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